Milano – “È tempo di separare l’immagine di “Vallanzasca,” il carismatico Renè, da quella del nuovo Renato Vallanzasca, profondamente diverso dall’individuo che molti ricordano. Guastato da cinquant’anni di detenzione, il vecchio Renato non esiste più. Non è lucido e il suo caso non può essere interpretato come un’iniquità, considerato che nessuna indulgenza è stata concessa a lui dalla legge. Tuttavia, la questione è piuttosto di natura umanitaria ora. Non è accettabile che una persona non autosufficiente rimanga in prigione. Ciò non è una richiesta formale, ma un’osservazione.” Cecco Bellosi, nativo di Colonno sul lago di Como e una volta appartenente a Potere Operaio, è tra coloro che hanno monitorato da vicino il progresso di Vallanzasca attraverso i suoi periodi di semi-libertà, lavoro civile, e anche all’interno del penitenziario. Da più di un quarto di secolo, Bellosi dirige la Comunità “Il Gabbiano” e ha accolto Vallanzasca nella sua base situata a Piona nell’Alto Lario della provincia di Lecco, a partire dal 2021, ogniqualvolta quest’ultimo aveva permissione di allontanarsi dalla prigione. Il tristemente noto criminale di Comasina è stato uno dei più brutali, con quattro ergastoli come punizione definitiva. Ha cominciato a lavorare come giardiniere nel 2010 presso la sede di Calolziocorte della comunità guidata da Bellosi. Tuttavia, nel giugno 2014, durante un periodo di semi-libertà, un tentativo di furto di mutande in un supermercato milanese ha interrotto la sua rinascita. Fu arrestato e processato immediatamente per tentato furto con scasso, per il quale fu condannato per tentato furto con scasso aggravato.
“Un episodio incredibile che gli ha comportato un’estensione di 10 anni al suo periodo di detenzione,” sottolinea Bellosi, “Si comportava sempre in modo corretto durante la sua permanenza con noi. Ma ricordando gli anni iniziali in cui iniziò a lavorare con noi a Calolziocorte, aveva occasionali dimenticanze. Attraversava momenti di totale oblio. Ha sempre insistito sull’innocenza di quel furto, forse non se lo ricordava. Ho riflettuto su questo e se le cose fossero andate così, si sarebbe potuto trovare una diversa soluzione molto prima.” L’autorizzazione per uscire dal carcere è stata ripresa solo nel 2021. “Negli ultimi tre anni la sua visita è avvenuta presso di noi mediamente ogni due settimane e ho registrato un ripido declino cognitivo, specialmente negli ultimi tempi. Anche mentre è in prigione, necessita di assistenza quotidiana. C’è sempre bisogno di qualcuno per occuparsi di lui,” continua Bellosi, “Lunedì scorso è venuto a Piona da noi. Ero seduto vicino a lui al tavolo. In un certo momento, ho notato che non riusciva nemmeno a reggere una forchetta e ho dovuto alimentarlo. Non riusciva nemmeno a finire di parlare.” Anche la Procura generale di Milano, seguendo i consiglieri dell’ex capo della Comasina, ha chiesto al Tribunale di Sorveglianza di trasferire Vallanzasca in una struttura di assistenza per cura: “La diagnosi di demenza è certa, c’è una evidente incompatibilità con la permanenza in carcere e il momento di modificare le sue condizioni di detenzione è finalmente arrivato.” Un responso dovrebbe arrivare a breve.