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Le famiglie cristalline: “Dietro la facciata di perfezione si nascondono le tenebre”

Ameya Gabriella Canovi, una psicologa con specializzazione nelle relazioni familiari e nella dipendenza affettiva, ha caratterizzato le vite e le famiglie come “di vetro”, data la sua estesa esperienza nel supportare individui intrappolati in relazioni disfunzionali. Scritto sui suoi canali comunicativi dopo l’orrenda strage di Paderno Dugnano, ha condiviso il suo stupore sulla spaventosa vicenda di un giovane che ha annientato la sua stessa famiglia, a partire dal fratello dodicenne, seguido dalla madre, e poi dal padre che stava cercando di soccorrerlo. Abbastanza shockante da far terminare il gioco, come scritto dalla dottoressa.

Si potrebbe facilmente collegare questa tragedia a un membro della nostra famiglia, uno studente seduto in fondo alla classe o un vicino. Secondo molte testimonianze, sembravano essere una famiglia perfetta. Si poteva vedere le loro immagini dove erano vicini e allegri, mostrando una normalità audace.

Poi, dopo una serata di festa per il compleanno del padre, una tranquilla celebrazione domestica, è avvenuto un’azione inaspettata che Freud avrebbe definito “perturbante”. Questo terribile omicidio su tre persone di Paderno Dugnano ha lasciato sgomenti tutti, anche la psicologa.

Desideriamo risposte chiare e definite, aspettiamo una diagnosi dagli esperti. Cerchiamo comprensione, ma ci troviamo senza parole, ci sentiamo fragili, senza una chiara motivazione. Ci rimangono solo pochi indizi che indicano un senso di alienazione e oppressione in casa.

Non sappiamo cosa turbinasse nella mente di questo giovane, non conosciamo le profondità del suo tormento, ma vediamo i risultati devastanti. E’ compito degli adulti fare attenzione, guardare e auto-osservarsi. Ho l’impressione che abbiamo dato troppo valore all’apparenza, al riflesso luccicante della superficie liscia dei social media.

Nelle crepe, perde di vista le ombre nascoste, tra le sfumature taciute. L’universo emotivo è schiacciato, rinnegato e diviso. Un gesto è fatto quasi in stato di dissociazione, come se fosse un attore esterno, l’uomo di metallo del videogame a farlo. “Se sconfiggi tutti, avanzerai al prossimo livello”, sembra quasi che si legga. Per ora, come terapeuta di sistema, Ameya Canovi osa soltanto una congettura. “Se mi sento come un estraneo a me stesso, mi sento un estraneo a quelli nella mia casa. Tentare un massacro, cercando di eliminare parti di me stesso che non riconosco, sperando di ritornare al punto di partenza. Nell’illusione di un nuovo inizio. Solo per scoprire che, invece, li porti tutti dentro te. E che non era un gioco, era la tua famiglia. Da cui non riuscirai a liberarti neanche così”.

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