Nel carcere minorile Beccaria di Milano, che ha assistito a rivolte, incendi ed evasioni, la normalità è ormai un’eccezione tra drammatici eventi. Don Gino Rigoldi, cappellano storico dell’istituto da oltre cinquant’anni e impegnato con i giovani detenuti, afferma che non si può continuare a guardare questi fatti senza apportare modifiche. Il cambiamento, sottolinea, è già in corso. Si sta lavorando a un progetto che prevede la formazione di piccoli gruppi di giovani, con un massimo di 10 per gruppo, in cui ci siano sempre adulti di riferimento costanti. Sono state avviate anche delle riforme a livello gestionale. Si è avviato un dialogo con Antonio Sangermano, responsabile del Dipartimento Giustizia Minorile, definendo una sorta di “gestione condivisa”. Nel team si sono aggiunti Raffaele Cristofaro, il nuovo comandante, e Teresa Mazzotta, ex vice direttrice di San Vittore. Il sostegno di Manuela Federico, ex comandante degli agenti a San Vittore, sarà fondamentale. Riguardo alle difficoltà con i giovani detenuti, il cappellano spiega che la maggior parte sono minori stranieri non accompagnati, spesso analfabeti, giunti in Italia con l’intenzione di lavorare e inviare soldi alla famiglia. Trovandosi a commettere reati e finendo in carcere, si sentono in ostilità con gli adulti, considerati come nemici in questo contesto.
Abbiamo previsto di suddividere il Beccaria in due parti, sia in termini di spazi che di persone. L’idea è di formare piccole squadre composte da 8-10 individui al massimo, che avranno educatori, formatori e agenti permanenti, che rimarranno gli stessi anche durante i turni, per facilitare l’instaurazione di un rapporto di fiducia con gli adulti che diverranno punti di riferimento e garantiranno continuità. Ogni squadra deve agire come un’unità. L’obiettivo è che il Beccaria si trasformi in un vero e proprio carcere per minori con compiti educativi.
È fondamentale che i giovani abbiano documenti di identità altrimenti, una volta liberati dal Beccaria, finiranno per vivere nell’illegalità. È cruciale promuovere i cosiddetti “articoli 21”. Alcune imprese hanno già espresso la loro disponibilità. Stiamo pensando non solo al lavoro, ma anche a programmi di formazione esterni. Nel frattempo, continueranno i progetti da lungo tempo attivi: laboratori di cucina, falegnameria, design di quadri elettrici industriali. Gli elementi essenziali sono lo sport e il teatro: continuiamo a puntare sulla cultura.
Vorremmo invitare ospiti come l’Imam, figure dello sport e dello spettacolo, ma anche detenuti adulti affidabili che hanno scelto di cambiare vita e che potrebbero dar consigli ai giovani. È essenziale che comprendano, ad esempio, che l’evasione porta solo al peggioramento della propria situazione: prima o poi saranno scoperti e la pena sarà più severa, compreso il trasferimento.