C’è tutta l’Inter e i suoi paradossi nella vittoria/sconfitta di Coppa Italia con la Sampdoria, con un successo per 1-0 nei 90’ che però non è bastato a bilanciare lo 0-3 dell’andata e che pertanto promuove in finale i genovesi. Una squadra che sul campo ha dimostrato di essere ancora una volta la più forte e che fuori ha invece perso la testa, a cominciare dall’alto, da un Jose Mourinho che non potrebbe essere ciò che è se non fosse proprio così, un po’ folle proprio come l’Inter.
Uno ‘stile’, quello nerazzurro, che per ora è ancora di là da venire, sia nelle vittorie come nelle sconfitte. Dall’isteria di Materazzi di fine gara con tanto di espulsione (in realtà non mi vengono aggettivi per definire il comportamento in campo di questo personaggio ormai sul viale del tramonto), alla bassa macelleria di Vieira, alla violenza verbale di Ibrahimovic, che ha disputato in campo probabilmente una delle sue migliori partite ‘di sempre’. L’Inter è questa, prendere o lasciare, una squadra ‘cattiva’ e ‘antipatica’, proprio come la vuole Mourinho, che non vuole ‘giocatori simpatici agli avversari, perché altrimenti diventano antipatici a lui’. Non fa una grinza, anche se in un passato recente si sono viste giostrare in campo supersquadre che non avevano bisogno di lapidare gli avversari sul terreno di gioco per essere grandi. Alla fine poi è Mourinho-show. E se il tecnico di certo non sbaglia nel definire ‘quasi storica’ la prova dei suoi, di cui può andare giustamente orgoglioso (pur se ridotta in dieci la formazione nerazzurra ha dato l’impressione di poter ribaltare la partita fino al 92’ con una carica agonistica devastante), e se pure sorvola con sano realismo sul fallo da rigore subito da Materazzi e non rilevato dall’arbitro Orsato (‘E’ un dettaglio, non è il rigore il problema’), poi comincia a ‘uscire dal seminato’ con discorsi inutili, non richiesti e al limite del buonsenso, come quando dice che l’Inter avrebbe potuto vincere 6-0, che la Samp ha giocato per perdere tempo e senza fair-play e altre amenità del genere.
Anche perché, di fronte a una grande Inter, la Samp nei primi 25 minuti di gioco ha risposto colpo su colpo, e pure avrebbe potuto segnare quel gol che avrebbe chiuso la contesa con un ora d’anticipo. Dopo la rete di Ibrahimovic al 26’ invece è stata un’altra gara, con la squadra di casa trascinata da uno svedese scatenato (in grado di colpire un palo pazzesco al 37’, atto finale di un pallonetto pregiatissimo), ma anche da un Balotelli meno polemico del solito (con tanto di stretta finale alla mano dell’arbitro) e da un Santon bravo a spingere sulla fascia (soprattutto nella ripresa). Splendido come sempre Julio Cesar in porta (strano in una gara in cui gli ospiti, secondo Mourinho, avrebbero giocato solo ‘contro’). Delude il centrocampo, con la Samp che spesso fugge via in ripartenza, ma che con Cassano spreca troppo, mentre Pazzini da solo tiene impegnata la retroguardia interista (ma manca sulla parità la rete che avrebbe chiuso la gara).
Davanti a 13 mila tifosi doriani festanti, l’Inter perde così l’occasione di ambire a una doppietta storica, Mourinho perde il primo duello a distanza con Roberto Mancini (almeno nella caccia alla ‘coppetta’), ma comunque è poca cosa. Se il gruppo nerazzurro non fosse stato colto da questo isterismo scomposto di fine gara, quello di giovedì sera contro la Samp sarebbe stato un passo falso assolutamente assimilabile, giunto comunque alla fine di una prova di forza che solo una serie di concatenazioni sfigate (un po’ il succo della parte ‘logica’ pronunciata a fine gara da Mourinho) non hanno portato a una storica impresa.