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L’opinione di Alessia Vangi

Jacopo Fo: “Mistero Buffo, un’opera rivoluzionaria di lotta politica”

Il testo di Franca Rame e Dario Fo, Mistero Buffo, compie 50 anni. Jacopo Fo ci racconta perché si tratta ancora di un'opera rivoluzionaria.

Mistero Buffo al Piccolo teatro: parla Jacopo Fo

Sono passati tre anni dalla morte di Dario Fo, non c’è modo migliore per ricordare il grande genio, attraverso la sua opera più famosa: Mistero Buffo.

Mistero Buffo: un successo lungo 50 anni

A 50 anni esatti dal debutto di Mistero Buffo all’Ariston di Sestri Levante, l’opera di Dario Fo e Franca Rame torna in scena al teatro Piccolo di Milano. Lo spettacolo, che nella sua potenza ha segnato un gap nella storia teatrale del Novecento, è riproposta dalla compagnia Fo-Rame e dalla Corvini Produzioni.

Voce dei numerosi monologhi Mario Pirovano, cresciuto alla scuola dei due grandi attori dei quali da ormai 25 anni mette in scena i testi sui palchi di tutto il mondo. In occasione della riproposizione teatrale di Mistero Buffo abbiamo intervistato chi, più di tutti gli altri, ha potuto respirare e comprendere la grandezza dell’uomo e del genio Dario Fo. Chiediamo al figlio Jacopo perché è importante, a distanza di mezzo secolo, continuare ad apprezzare Mistero Buffo e la sua forza rivoluzionaria.

Intervista a Jacopo Fo

A 50 anni di un’opera teatrale che potremmo definire rivoluzionaria, perché portarla in scena ancora oggi?

Perché si legge ancora la Divina Commedia? Mistero Buffo riporta in vita dei testi composti tra il 1000 e il 1300 e questo è un primo punto, si tratta di un’operazione di archeologia del teatro. In secondo luogo è uno spettacolo che ha rivoluzionato il modo di recitare. Prima di Mistero Buffo non esistevano spettacoli con un solo attore se non brevi pezzi di cabaret.

L’altro discorso è che Mistero Buffo ha corrisposto a un rivoluzione dell’organizzazione teatrale. I miei genitori abbandonarono il mondo del teatro “normale”, quello dei teatri con sipario, palcoscenico e furono la prima compagnia italiana, e una delle prime nel mondo, a costruire una struttura montabile e smontabile che permettesse di fare teatro ovunque: palazzetti dello sport, fabbriche occupate, case del popolo, bocciofile. Si trattava di una struttura con un palcoscenico a 2 piani, con le torrette per l’illuminazione e per l’acustica che veniva costruita nel giro di due ore. C’erano squadre di 15 volontari che ci aiutavano a montare la struttura. Oggi è semplice costruire uno spettacolo in un posto non deputato a quello, basta telefonare ad un service che monta il palcoscenico, allora questo non esisteva.

Erano sposati dal 1954

Suo padre ha recuperato anche il grammelot, che è questo strumento espressivo onomatopeico, composto da suoni, parole e foni che nella loro complessità risultano infine avere un senso. Le vorrei lanciare una provocazione sulla politica attuale cioè: esistono personaggi politici che oggi decidono consapevolmente di non farsi capire?

Un conto è non farsi capire perché se capiscono quello che dici ti tagliano la testa, un conto è essere incapaci di comunicare come molti politici; ma questi sono due discorsi completamente diversi.

Mistero Buffo, un testo di critica sociale

Tornando a Mistero Buffo, potremmo interpretare la figura del giullare come un mezzo tramite il quale parlare di contemporaneità? Insomma l’uso della giullarata è usata in modo trasgressivo?

Non credo sia un discorso di trasgressione quello che viene portato alla luce dalla narrazione, è un discorso di lotta politica. C’è una controinformazione rispetto a un establishment culturale che racconta delle bugie sulla cultura del medioevo. Fino a prima di Mistero Buffo si negava che queste opere fossero scritte dal popolo per il popolo.

Si tratta di critica sociale. Riferendosi al Grammelot dell’avvocato inglese scopriamo una pratica socialmente riconosciuta che a pensarci è davvero allucinante. Per sfuggire al linciaggio della famiglia della donna stuprata bastava buttare dei soldi sul corpo della donna. Tutto il pezzo dello spettacolo è giocato proprio intorno a questo, si crea cioè un finto gioco tra un corteggiatore e una ragazza che non ci vuole stare. Alla fine il corteggiatore arriva a questa conclusione: se tu scappi io comunque verrò a prenderti, se tu annegherai io ti porterò a terra ecc., insomma l’epilogo in qualsiasi caso è sempre lo stupro. Alle provocazioni dell’uomo la risposta della donna è “non darmi fastidio altrimenti io chiamo i miei fratelli e ti ammazzano” “Non c’è problema-risponde lui- io butto sul tuo corpo i soldi della prebenda, recito la formula rituale e nessuno mi può fare nulla, divento intoccabile”. Insomma viene messo in scena un grosso discorso di critica sociale, che allora era di estrema attualità, non era una poesia di corteggiamento come invece è sempre stata interpretata e come viene tutt’ora venduta in molti manuali universitari.

Il secondo punto è che questi testi erano popolari, ed è da questi testi popolari che poi nasce la cultura aristocratica e non viceversa. Mio padre lo aveva già dimostrato per quanto riguarda la musica facendo uno spettacolo con dei cantanti popolari che era Ci ragiono e Canto. In questa occasione, con tutta una serie di supporti e aiuti di grandi ricercatori, dimostrava che il ritmo della musica popolare derivava dal ritmo del lavoro. I cordari per esempio, quelli che intrecciavano le corde, per lavorare in maniera equilibrata e fare movimento perfetti inventarono la tarantella. È da queste musiche create sul ritmo del lavoro che poi nasce la musica aristocratica. Questo è il discorso che viene fatto: la revisione della storia.

Rappresentato in tutto il mondo, oltre cinquemila allestimenti nei teatri, nelle piazze, nelle scuole, nelle fabbriche e nelle chiese, Mistero Buffo è ancora un’opera rivoluzionaria e di lotta politica.

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