Alessia Pifferi riceve una condanna a 24 anni di reclusione per l'omicidio della figlia Diana, un caso che ha scosso l'opinione pubblica.

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Alessia Pifferi è stata recentemente condannata a 24 anni di reclusione dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano, per l’omicidio della figlia Diana, avvenuto nel luglio 2025. Questa sentenza rappresenta una significativa diminuzione rispetto all’ergastolo inizialmente inflitto in primo grado.
Il caso ha suscitato un ampio dibattito e indignazione, poiché la madre è accusata di aver lasciato la figlia di 18 mesi morire di stenti nel suo appartamento, nel quartiere Ponte Lambro. In primo grado, il giudice aveva ritenuto che l’omicidio fosse aggravato da futili motivi e dal vincolo di parentela, senza riconoscere attenuanti.
La sentenza della Corte d’Appello
In appello, la Corte ha riconsiderato la situazione, escludendo l’aggravante dei futili motivi e riconoscendo l’attenuante della seminfermità mentale. Questo cambiamento ha portato a una riduzione della pena, permettendo ad Alessia Pifferi di ricevere una condanna di 24 anni.
Le dichiarazioni delle parti coinvolte
Durante la requisitoria, il pubblico ministero Lucilla Tontodonati ha sottolineato come Pifferi fosse consapevole delle conseguenze delle sue azioni. «Se aveva lasciato la bambina con un biberon e una bottiglia d’acqua, era chiaro che conosceva i rischi», ha affermato. Dall’altro lato, la difesa ha insistito sul fatto che Pifferi fosse un “vaso vuoto”, incapace di pensare razionalmente. L’avvocato Alessia Pontenani ha sostenuto che nessuno si era preoccupato di lei o della bambina, suggerendo che la situazione fosse ben più complessa.
Reazioni della famiglia e della pubblica opinione
Le reazioni alla sentenza sono state contrastanti. Maria Assandri, madre di Alessia, ha espresso il suo dolore senza commentare la sentenza, mentre la sorella Viviana ha dichiarato che 24 anni sembrano pochi in relazione alla gravità del fatto. «Questo è il valore di una bambina di 18 mesi che non c’è più», ha detto con voce rotta dal dolore.
Viviana Pifferi ha anche commentato le perizie che attestano la capacità di intendere e volere di Alessia, affermando che tali valutazioni non possono essere ignorate. «Mi lascia con un profondo senso di ingiustizia», ha concluso.
Un caso che lascia il segno
Questo tragico evento non solo ha colpito la famiglia della vittima, ma ha anche sollevato interrogativi importanti sulla responsabilità genitoriale e sulle condizioni psicologiche di chi si trova ad affrontare situazioni di grande difficoltà. La condotta di Pifferi, descritta come omissiva, ha messo in luce una realtà difficile da accettare: una madre che, pur consapevole delle necessità della propria figlia, ha scelto di ignorarle.
Conclusioni e prospettive future
Il caso di Alessia Pifferi rimane un argomento di discussione vivace e controverso. La sentenza di 24 anni, sebbene ridotta rispetto all’ergastolo, continua a far riflettere sull’importanza di garantire la sicurezza e il benessere dei minori. La società si interroga su come prevenire simili tragedie in futuro e su come supportare le famiglie in difficoltà.
In conclusione, il processo ha messo in evidenza non solo la responsabilità individuale di Pifferi ma anche le lacune nel sistema di protezione dei minori, che devono essere affrontate per evitare che simili drammi si ripetano.





