Un'inchiesta sulla morte di Davide Garufi mette in luce il problema del cyberbullismo.

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Il dramma di Davide Garufi
Il 19 marzo, la comunità di Sesto San Giovanni è stata scossa dalla tragica notizia della morte di Davide Garufi, un giovane tiktoker di soli 21 anni. Davide ha scelto di togliersi la vita nella sua abitazione, utilizzando la pistola d’ordinanza del padre, un agente della polizia penitenziaria. La sua scomparsa ha sollevato interrogativi e ha portato alla luce un tema delicato e attuale: il bullismo online.
Un percorso di vita difficile
Davide era molto attivo su TikTok, dove condivideva il suo percorso di transizione di genere, affrontando le sfide e le difficoltà legate alla sua identità. Era un giovane addetto alle vendite in un negozio di articoli sportivi, ma la sua vita sui social era caratterizzata da un forte impegno nel raccontare la sua storia. Purtroppo, questo lo ha reso anche un bersaglio di insulti e attacchi feroci, con messaggi di odio e transfobia che hanno pesato enormemente sulla sua psiche. Gli amici e i follower di Davide non hanno dubbi: il bullismo online ha avuto un ruolo cruciale nella sua tragica decisione.
Le indagini e il cyberbullismo
La Procura di Monza ha avviato un’inchiesta per istigazione al suicidio, esaminando le possibili implicazioni di terze persone. I carabinieri stanno analizzando il cellulare di Davide e i suoi profili social per identificare chi potrebbe aver contribuito alla sua sofferenza. La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che, anche dopo la sua morte, il cyberbullismo non si è fermato. Alcuni utenti hanno commentato in modo sprezzante, affermando che Davide ha fatto bene a togliersi la vita, mentre altri lo hanno accusato di aver inscenato il suicidio per ottenere visibilità. Questi episodi evidenziano quanto sia urgente affrontare il problema del bullismo online e le sue devastanti conseguenze.