Daniele Rezza ha dichiarato: “Volevo consegnarmi, ma i miei genitori non mi credevano”.
La situazione per il padre del presunto aggressore si complica ulteriormente. Non solo ha cercato di nascondere le cuffie della vittima, ma ha anche mostrato indifferenza quando il figlio si è trovato in difficoltà.
“Quando sono uscito quella sera, avevo un coltello da cucina con me. L’ho preso perché ero ansioso e non era una buona giornata; desideravo solo un po’ di solitudine. Durante quel pomeriggio avevo bevuto circa cinque o sei drink, e poi due bottiglie di vodka; comunque ero sobrio e non ricordo con chiarezza alcuni eventi, come dove ho gettato il coltello. Infatti, nonostante la ricerca con i carabinieri, non siamo riusciti a trovarlo. Non conoscevo quel ragazzo, non l’avevo mai incontrato. Volevo solo prendere un po’ di cose generiche”.
Il fermo di Rezza è ora convalidato, e il giovane rimarrà in prigione.
Questo è quanto ha raccontato Daniele Rezza, il 19enne arrestato sabato scorso con l’accusa di aver ucciso Manuel Mastrapasqua, un 31enne rinvenuto senza vita in una pozza di sangue nella notte tra giovedì e venerdì scorsi, a Rozzano, in viale Romagna. Lunedì 14 ottobre, il giovane ha fornito la sua versione durante l’udienza di convalida del fermo davanti al Gip Domenico Santoro, il quale, dopo averlo interrogato nel carcere di San Vittore, ha confermato l’arresto e la custodia cautelare in carcere. Il giudice milanese non nutre dubbi: oltre ai “gravi indizi di colpevolezza”, ci sono ulteriori fattori da considerare, ovvero il rischio di fuga dell’indagato e la concreta possibilità di reiterazione del reato.
Manuel Mastrapasqua è stato tragicamente ucciso per un paio di cuffie dal valore di 10 euro. Secondo il Gip, nell’atto che convalida il fermo, è stato sottolineato il modo in cui si è svolta la vicenda. Dopo aver colpito il 31enne con un coltello in piena strada, Rezza avrebbe cercato di liberarsi dell’arma. Successivamente, tornato a casa, raccontò al padre di aver avuto una rissa e si è ritirato a dormire. Il giorno seguente, con i genitori in ansia per la notizia di un uomo trovato senza vita nei pressi della loro abitazione, lui ha mostrato un comportamento ambivalente.
“Volevo rubargli tutto per rivenderlo”
Tutto questo per un paio di cuffie dal valore di 14 euro, un aspetto che non sembrava preoccuparlo. Rezza, durante l’interrogatorio, ha affermato: “Appena l’ho scorto in lontananza ho deciso che dovevo prendergli tutto, tutto ciò che aveva. Volevo portargli via soldi, telefono, qualsiasi cosa potesse essere rivendibile. Gli ho strappato le cuffie che aveva al collo. A quel punto lui si è scagliato contro di me; non ricordo i dettagli perché non ero molto lucido, avendo bevuto abbastanza”.
Il giorno dopo, il padre si è disfatto delle cuffie.
Rezza avrebbe ucciso Mastrapasqua senza un motivo apparente. Sembra che non avesse nemmeno consapevolezza della gravità del suo gesto. “Ho dormito serenamente ignaro della sua morte – ha dichiarato il giovane al Gip -. Al risveglio, ho aperto Tiktok e ho letto della morte di un ragazzo a Rozzano, pensando che potesse essere stato io. Quando ho realizzato l’accaduto, mi sono sentito vuoto. Mi dispiace, non conosco la famiglia, ma ho tolto la vita a una persona che aveva dei cari”.
Ribadivo “sono stato io”, ma i miei genitori non volevano credermi.
Sembra che Rezza, il giorno successivo, stesse iniziando a comprendere la gravità di ciò che era successo la sera precedente. Tuttavia, i suoi genitori avevano ascoltato quella sorta di confessione. Questo solleva interrogativi sempre più complicati sul padre del ragazzo di 19 anni, tant’è che per la famiglia del presunto colpevole è stata già attivata una misura di protezione. Durante l’interrogatorio, Rezza ha anche rivelato che il padre aveva cercato di sbarazzarsi delle cuffie di Mastrapasqua. Ha descritto le prime ore di venerdì, quando i genitori avevano appreso della scoperta del cadavere a Rozzano. “Mio padre diceva ‘sarà stato qualcun altro’ mentre io pensavo ‘forse sono stato io’, ma lui era certo si trattasse di qualcun altro. Infine, quel mattino gli ho confessato di essere stato io, ma non si è fidato. Volevo già costituirmi la sera stessa, ma i miei non mi credevano”.
Frasi gravemente impattanti che si allineano con quanto emerso durante il primo interrogatorio condotto dai carabinieri: “È stato un insieme di affermazioni e smentite. In passato aveva già dichiarato di aver compiuto certe azioni, per poi negare tutto”, ha commentato l’avvocato Maurizio Ferrari, ex legale che ha rinunciato al suo incarico. Perché, quindi, il giorno seguente, quando il giovane di 19 anni ha confessato di aver inferto coltellate a qualcuno, pur non avendo “visto né il corpo cadere né il sangue”, i genitori non lo hanno creduto e non lo hanno accompagnato a costituirsi?
Questa è una questione alla quale gli investigatori sono ancora alla ricerca di risposta. I carabinieri, sotto la supervisione della pm Maria Letizia Mocciaro, devono chiarire appieno questo episodio che precede il tentativo di fuga in Francia da parte del ragazzo. Rezza è stato portato dal padre alla stazione ferroviaria. Dopo aver preso diversi treni e un autobus, ha concluso il suo viaggio alle 12:27 del 12 ottobre, quando alcuni agenti della Polfer ad Alessandria hanno notato un giovane con un berretto dal comportamento sospetto. Lo hanno fermato e richiesto i documenti. Era Daniele Rezza, che, visibilmente confuso, ha guardato gli agenti e ha dichiarato semplicemente di aver ucciso qualcuno.