Giorgio e Mario: due persone in un giardino di Milano, entrambe legate da un passato pesante come il piombo. Lo stesso di quegli anni difficili, che li hanno visti schierati su due sponde opposte.
Giorgio di cognome fa Bazzega. Come suo padre, quel Sergio che cadde in un appartamento di Sesto San Giovanni il 15 dicembre 1976, sotto i colpi di un giovane brigatista poco più che ventenne.
Mario invece di cognome fa Ferrandi: una giovinezza marchiata con il sangue di un altro giovane poliziotto il 14 maggio 1977.
Qualche giorno fa Giorgio e Mario hanno partecipato insieme alla cerimonia di intitolazione dei giardini di via Stendhal proprio al padre maresciallo e a Vittorio Padovani, il vicequestore che era con lui in quell’appartamento a Sesto. E che con lui condivise il destino.
Eleonora Bianchini ha raccolto per IlFattoQuotidiano un’intervista a Giorgio davvero molto toccante:
“Sono felice che sia venuto, gliel’ho chiesto io. Anche attraverso di lui ho superato il mio odio e capito come lo scontro non sia funzionale a nessuno. Bisogna parlare con chi siamo abituati a identificare come ‘nemico’, questa è la vera rivoluzione. Per questo quando mi hanno chiesto cosa volessi sulla targa per mio padre e Vittorio non volevo richiamare ancora una volta Walter Alasia e le Brigate rosse”
Dal passato però abbiamo imparato poco.
“Quelle che ho visto a Roma sembravano scene uscite da un documentario sugli anni di piombo. Dentro di me soffrivo per la consapevolezza di come, da allora, si sia imparato veramente poco […] Io per primo ho passato la maggior parte della mia vita vivendo nell’odio e nella sete di vendetta, alimentate dall’assenza di confronto e di verità. Noi, figli delle vittime di quegli anni, siamo la prova vivente delle ‘porcate’ fatte per mano delle istituzioni che hanno coperto i servizi segreti deviati e generato zone d’ombra […] La nostra generazione di figli, da me a Benedetta Tobagi, ha capito che la contrapposizione non ha portato a nulla”
La sua amicizia con Mario è davvero la prova che il dialogo, anche in situazioni che sembrano senza soluzione, è possibile. E serve davvero a passare oltre.
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