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Il Tribunale di Milano legittima il convivente omosessuale che ha perso il compagno in un incidente

Il nostro ordinamento giuridico non prevede che ad un omosessuale che perda il proprio compagno a seguito di un reato venga riconosciuto un "danno non patrimoniale".

La nona sezione penale del tribunale di Milano, in un processo in cui un automobilista è imputato per omicidio colposo, ha però deciso di mettere in primo piano la persona, abbandonando la discriminazione in base alle inclinazioni sessuali.

Il nuovo principio inaugurato dalla corte presieduta da Annamaria Gatto, come riporta Repubblica, non ha grandi precedenti nella giurisprudenza italiana.

Mentre, infatti, negli ordinamenti europei esistono norme che legittimano il convivente omosessuale a chiederne il risarcimento in caso di morte, in quelli italiani no.

Un caso più o meno simile accadde nel 2007 a Roma: un ammise tra le parti civili di un processo per omicidio il compagno trentennale della vittima. A causa del seguente decesso anche dell'ex-compagno non è stato, però, possibile sapere a quanto ammontasse il risarcimento.

La novità di questo processo italiano sta, appunto, nella volontà di non discriminare la parte civile: il principio che va tutelato non è se il rapporto abbia una valenza etero o omosessuale ma, come afferma proprio la Gatto, "se dalla situazione derivante dalla convivenza discenda la risarcibilità del danno cagionato dal reato al convivente, per la lesione di interessi inerenti la persona meritevoli di tutela in base all'ordinamento".

L'importante non è, e auspicabilmente non sarà più, se rapporto sia etero od omosessuale, quindi, ma "se dalla situazione derivante dalla convivenza discenda la risarcibilità del danno cagionato dal reato al convivente – continua il presidente della corte – per la lesione di interessi inerenti la persona meritevoli di tutela in base all'ordinamento".

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