Un'opera che unisce il personale all'universale, tra dolore e gioia.
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Un inizio silenzioso e potente
Il teatro di Pippo Delbono è un luogo dove il silenzio parla più delle parole. Il Risveglio, la sua ultima creazione, si apre con una scena spoglia: una sedia, un microfono e un silenzio che pesa come un macigno. Delbono, con la sua voce roca e stanca, si siede e inizia a raccontare la sua storia, una storia di fragilità, perdita e rinascita. Ogni parola è un frammento di vita, ogni foglio che lascia cadere è un pezzo della sua anima. La sua narrazione è un viaggio attraverso il dolore, ma anche un invito a riscoprire la gioia, anche quando sembra lontana.
La memoria come atto di resistenza
Nel corso dello spettacolo, Delbono non si limita a raccontare la sua vita, ma evoca anche figure significative come Bobò, un uomo che ha rappresentato molto per lui. La sua scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile, ma in Il Risveglio, Delbono riesce a trasformare il dolore in memoria, creando un rito collettivo che coinvolge il pubblico. La guerra, sia personale che globale, diventa un tema centrale, un simbolo di resistenza. Le immagini di bombardamenti e croci sul palco non sono solo rappresentazioni, ma un richiamo alla solidarietà e alla lotta contro l’indifferenza.
Un abbraccio di condivisione
Il finale dello spettacolo è un momento di intensa emozione. Delbono, con la sua richiesta di compagnia, trasforma la sua confessione privata in un gesto universale. L’abbraccio con gli attori della sua compagnia diventa un simbolo di condivisione e di comunità. In questo abbraccio, il dolore si trasforma in memoria e la memoria in risveglio. Delbono invita il pubblico a partecipare a questa danza perpetua della vita, dove ogni caduta è seguita da una risalita. La sua arte è un invito a continuare a vivere, a resistere e a trovare la gioia anche nei momenti più bui.