A quasi cinquant'anni dalla tragedia, nuove tecniche investigative potrebbero fare la differenza.

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Un caso che non si spegne mai
La strage di via Mancinelli, avvenuta quasi cinquant’anni fa, continua a suscitare interrogativi e speranze di giustizia. Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, noti come “Iaio”, furono assassinati in un agguato che ha segnato profondamente la memoria collettiva di Milano. Oggi, grazie a nuove tecniche investigative e comparazioni dattilografiche, le indagini stanno riprendendo vigore, portando alla luce nomi e dettagli che sembravano dimenticati.
Le nuove tecniche investigative
Il giudice per le indagini preliminari ha deciso di riaprire il caso, spinto dalla volontà di fare chiarezza su un delitto che ha scosso l’opinione pubblica. Recenti analisi scientifiche hanno permesso di esaminare elementi trascurati in passato, come volantini di rivendicazione e altri indizi che potrebbero collegare i sospetti all’eversione nera. Tra i nomi emersi, quello di Massimo Carminati, noto boss della Magliana, risalta per la sua connessione con Milano e il suo passato criminale.
Testimonianze e ricostruzioni
Le testimonianze di una donna e delle sue figlie, presenti al momento dell’agguato, offrono dettagli preziosi sugli aggressori. Descrizioni di abbigliamento e comportamenti suggeriscono un piano ben orchestrato, tipico di chi agisce con premeditazione. L’assenza di bossoli sulla scena del crimine e la presenza di un sacchetto di plastica utilizzato per raccogliere le prove sono elementi che indicano una strategia di depistaggio, comune tra i gruppi neofascisti dell’epoca.
Il mistero del berretto blu
Un berretto di lana blu trovato vicino ai corpi delle vittime rappresenta un altro tassello del puzzle. Questo cappello, non appartenente a Fausto e Lorenzo, potrebbe essere collegato a un neofascista coinvolto in un’aggressione avvenuta poco prima del delitto. La sua scomparsa e la successiva dichiarazione di timore per la propria vita aggiungono ulteriore mistero a un caso già complesso. La mancanza di accertamenti su questo reperto, come evidenziato nel decreto di archiviazione del 2000, solleva interrogativi sulla gestione delle prove e sull’effettiva volontà di fare luce su quanto accaduto.
La reazione della comunità
La riapertura delle indagini ha suscitato reazioni contrastanti. Maria Iannucci, sorella di Lorenzo, esprime cautela ma anche speranza: “Dopo mezzo secolo, forse i tempi sono maturi per ottenere giustizia”. Anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha espresso il suo sostegno alla ricerca della verità, sottolineando l’importanza di non dimenticare il passato. Le indagini potrebbero aprire la strada a una serie di rivelazioni su altri delitti irrisolti degli anni Settanta, creando una potenziale “reazione a catena” nella ricerca della giustizia.