Un sessantacinquenne, di residenza fuori regione, ha trascorso nove mesi con un cuore artificiale in sostituzione del suo malato di miocardiopatia dilatativa idiopatica, prima di essere sottoposto a un trapianto al Niguarda. Fino alla notte fra il 3 ed il 4 settembre, quando ha ricevuto un vero cuore umano proveniente da un donatore, l’uomo ha beneficiato di un’innovativa tecnologia di cuore artificiale, che ha consentito la conservazione degli altri organi. Questo dispositivo, impiantato dai chirurghi e attestatosi a meno di 25 casi mondiali in meno di due anni, è diverse dalle pompe cardiache fondamentali per il sostegno del ventricolo sinistro, se il destro è ancora funzionante. Come illustrato dal primario della Cardiochirurgia e trapianto del cuore, Claudio Russo, il cuore artificiale non solo sostituisce completamente il cuore originale, ma ne riproduce anche la forma e il funzionamento grazie a quattro valvole e quattro camere rivestite di membrane biologiche per limitare la necessità di terapie anticoagulanti. Inoltre, i sensori regolano le funzioni cardiache sulla base dell’attività del paziente e il flusso pulsato simula naturalmente quello degli organi umani. Solo due giorni dopo il trapianto, il paziente ha osservato un miglioramento della funzione renale. A un mese dall’intervento, è stato dimesso e ha atteso a casa l’arrivo del suo nuovo cuore. Russo spera che in futuro questo dispositivo, che limita anche la necessità di terapie immunosoppressive a lungo termine, possa rappresentare una soluzione definitiva.
La tecnologia, con l’ausilio di robot chirurgici e sistemi di “ricondizionamento” durante il trasporto degli organi, permette ora di utilizzare per trapianti il cuore di una persona deceduta a seguito di un arresto cardiaco, a patto che rimanga fermo per venti minuti, come è avvenuto nel caso di un paziente di 65 anni. Questo progresso tecnologico sta contribuendo a colmare il divario tra i 1.700 malati in attesa di un organo in Lombardia e i 637 trapianti che sono stati realizzati da gennaio a metà settembre, un aumento rispetto ai 585 dell’anno precedente nello stesso periodo. Già nel 2023 si erano registrati 860 interventi, un incremento del 12% rispetto al 2022, anno in cui in Lombardia, come afferma Giuseppe Piccolo, coordinatore del Centro regionale trapianti, “si è deciso di dare una scossa”. Grazie a squadre dedicate in ospedali e iniziative volte a promuovere la cultura della donazione, le donazioni effettive stanno aumentando, raggiungendo 32 per milione di abitanti (con una media italiana di 29,5, anche se in altre regioni si arriva a 50). L’ospedale Niguarda è in prima linea in questo campo come “la casa dei trapianti”, per citare il direttore generale Alberto Zoli. Con 400 interventi all’anno – più di uno al giorno – e mezzo secolo di storia marcato da migliaia di operazioni, incluse il primo trapianto di fegato da un donatore vivente in Italia nel 2001, e il primo trapianto di fegato da donatore a cuore fermo nel 2015 nel mondo. Tra le figure storiche, c’è Maria Frigerio, responsabile della cardiologia dei trapianti per trent’anni, che ha raccontato in un libro le storie del cuore di suo fratello, trapiantato a due dei suoi pazienti.