Il primo cittadino difende la posizione del Comune nel controverso caso giudiziario.
Argomenti trattati
La decisione controversa del Comune di Milano
Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha recentemente affrontato le polemiche riguardanti la decisione di Palazzo Marino di non costituirsi parte civile nel processo contro gli ex gestori del Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di via Corelli. Questa scelta ha suscitato un acceso dibattito all’interno della maggioranza, con diverse associazioni che hanno criticato la posizione del Comune, ritenendo che fosse opportuno intervenire nel procedimento giudiziario.
Le motivazioni del sindaco
Durante un incontro con la stampa, Sala ha spiegato che l’Avvocatura comunale ha sconsigliato la costituzione di parte civile, affermando che sarebbe stato praticamente impossibile essere ammessi nel processo. “Abbiamo ascoltato la voce tecnica”, ha dichiarato il sindaco, sottolineando che la decisione della giunta era di natura politica e si basava su un ordine del giorno approvato dal consiglio comunale. Tuttavia, la valutazione legale ha prevalso, portando a una scelta che ha suscitato malcontento tra alcuni membri della maggioranza.
Le reazioni e le implicazioni future
La scelta di non costituirsi parte civile ha scatenato una mini-rivolta all’interno del consiglio comunale, con diversi esponenti che hanno espresso la loro insoddisfazione. Sala ha riconosciuto le polemiche, affermando che la decisione non è stata presa alla leggera. “Una semplice testimonianza non mi avrebbe interessato”, ha aggiunto, evidenziando la necessità di un intervento significativo piuttosto che un gesto simbolico. Il sindaco ha anche ribadito l’importanza di garantire i diritti e le condizioni adeguate all’interno del Cpr, in un momento in cui si discute di possibili ampliamenti delle strutture di detenzione per i migranti.
Il futuro dei Cpr e la posizione del sindaco
Sala ha chiarito di non essere contrario ai rimpatri, purché ci siano motivazioni oggettive e che i diritti delle persone siano rispettati. “Se il prefetto mi mostra che la persona potenzialmente da rimpatriare ha un profilo molto grave, io non dico mai di no”, ha affermato. Questa posizione riflette una volontà di trovare un equilibrio tra la sicurezza e il rispetto dei diritti umani, un tema sempre più rilevante nel dibattito pubblico.