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Inizia il dialogo in Regione sul tema della legge riguardante la fine della vita, ancora distante dall’essere risolta. Al Pirellone, sono emerse 36 pagine di incertezze

Oggi, il dibattito sull’opportunità di una legge regionale per stabilire il protocollo e i tempi per consentire l’assistenza medica al suicidio in Lombardia può giungere al termine. Le due commissioni del Consiglio regionale, Affari Istituzionali e Welfare, si riuniranno a mezzogiorno. Questa è la prima opportunità per approfondire i dettagli della potenziale legge, poiché finora solo i sostenitori della legge di iniziativa popolare, il Comitato Liberi Subito, guidato dall’Associazione Luca Coscioni (di cui Marco Cappato è il tesoriere), sono stati ascoltati in un’unica commissione convocata su questo argomento. L’ordine del giorno della sessione congiunta prevista per oggi a Pirellone include “l’illustrazione della scheda per l’istruttoria legislativa”. Tuttavia, il rapporto di 36 pagine preparato dal Servizio Studi del Consiglio regionale (lo stesso in esame oggi) solleva più preoccupazioni che certezze sulla liceità di una legge della Lombardia che miri a stabilire la procedura sanitaria e i tempi per consentire l’assistenza medica al suicidio a coloro che rispettano le condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale: essere in grado di capire e volere, avere una malattia irreversibile che causa gravi sofferenze fisiche o psicologiche, dipendere da terapie vitali. In effetti, la conclusione del rapporto sembra essere un avvertimento alla prudenza, dato che non esiste un consenso unanime sulla delega alle regioni delle procedure per l’assistenza medica al suicidio.

Tenendo conto di un intervento legislativo regionale in merito al suicidio assistito, è evidente che non esiste una posizione unanime su questioni quali gli effetti legali della decisione della Corte Costituzionale (dalla quale il comitato per la legge ha preso spunto), specialmente riguardo l’abilità di questa a riconoscere un concreto diritto del paziente di accedere alle procedure di fine vita. Quest’ultimo comporta l’obbligo delle strutture mediche di implementarlo, tuttavia, il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza permane. La Corte ha richiamato l’intervento del Parlamento nazionale, non delle Regioni, per l’imposizione di una disciplina generale. Le opinioni sulla questione non sono uniformi nella dottrina che si è occupata specificatamente di questo problema. Gli enti regionali di garanzia statutaria di altre Regioni (Emilia-Romagna, Abruzzo, Piemonte) hanno espresso un parere favorevole per l’approvazione di disegni di legge di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito. Infine, l’Avvocatura dello Stato ha espresso dubbi sull’osservanza costituzionale di un intervento regionale che potrebbe non essere in conformità con la ripartizione delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni, implicando questioni legate all’organizzazione civile e penale, che sono di competenza esclusiva del legislatore statale. Tale opinione era stata precedentemente espressa dal Servizio Legislativo e Legale a marzo.

Il centrodestra lombardo può trarre utilità dalla recente relazione esposta per risolvere il dilemma sulla Fine Vita, affermando che “non è possibile” in modo da prevenire la comparsa di diverse opinioni sul tema all’interno della coalizione. Di conseguenza, le commissioni future potrebbero organizzare audizioni puramente formali.

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