Associazioni e migranti si costituiscono parte civile nel caso Cpr di Milano, ex amministratore propone patteggiamento. Nuovo gestore in vista. Condizioni critiche nel centro
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Nel processo relativo al Cpr di via Corelli a Milano, due associazioni si costituiranno come parti civili. L’ex amministratore del centro esprime l’intenzione di patteggiare.
Evidenze delle associazioni come parti civili
Durante l’udienza preliminare, il giudice dell’udienza preliminare, Mattia Fiorentini, ha autorizzato le associazioni Naga e Befree a partecipare come parti civili nel procedimento contro gli ex gestori della struttura. Anche due migranti che vivevano al centro sono stati accolti come parti civili.
Richiesta di patteggiamento dell’ex amministratore
Alessandro Forlenza, l’ex amministratore del centro, ha proposto una richiesta di patteggiamento che prevede una pena di 1 anno e 8 mesi. Attualmente, il centro è sotto commissariamento, coinvolgendo anche la madre, Consiglia Caruso, la quale non ha presentato alcuna richiesta di rito alternativo. Entrambi sono accusati di frode nelle pubbliche forniture e turbative d’asta.
Patteggiamento proposto dalla società La Martinina
La difesa della società La Martinina, che precedentemente gestiva il centro, ha avanzato una proposta di patteggiamento con una multa di 15mila euro e la sospensione delle attività per un periodo di 20 mesi. L’udienza è stata rimandata al 18 dicembre.
Gestione futura del Cpr
Nel frattempo, si prevede che il centro possa uscire dal commissariamento, con due cooperative, Ekene e Sanitalia, in gara per la gestione del Cpr, per un importo di 7,7 milioni. Il nuovo gestore sarà responsabile del funzionamento del centro per 24 mesi, con possibilità di estensione per ulteriori 12, per un totale di 48 posti, in una capacità ridimensionata.
Critiche sulle condizioni di vita nel Cpr
La gestione precedente del Cpr è sotto accusa per le condizioni inumane riscontrate dai migranti in attesa di rimpatrio. Le indagini, come riportato anche da MilanoToday, evidenziano l’assenza di servizi di mediazione linguistica, assistenza medica e supporto psicologico. Inoltre, il cibo fornito era di bassa qualità e danneggiava il benessere degli ospiti, che, è importante sottolineare, non erano detenuti in un carcere.