Alcuni produttori promuovono i propri prodotti come “artigianali”, anche se sono prodotti in serie in una fabbrica. Altri si etichettano come “artigiani di qualità” senza nessun titolo effettivo. Tuttavia, secondo la legge, solo gli artigiani legalmente riconosciuti possono usare l’etichetta “artigianale”. Per i trasgressori, le pene nazionali e regionali, stabilite negli anni ’80, prevedono sanzioni modesti di alcune centinaia di euro. L’Unione Artigiani ha sollevato la questione, radunando gli esperti milanesi per protestare contro la falsificazione e la concorrenza scorretta. Ieri, hanno tenuto un incontro con i Carabinieri del Nas, la polizia locale annonaria, specialisti regionali e gruppi di consumatori, con la partecipazione di un centinaio di artigiani. Circa 14mila delle 90mila aziende artigiane tra Milano e Monza sono più vulnerabili a questa pratica, in quanto producono articoli unici e fatti a mano. Solo tra Milano e la Brianza, la concorrenza sleale causa perdite di oltre 700 milioni di euro all’anno in termini di guadagni mancati. Secondo un sondaggio dell’associazione, i produttori di alimenti tradizionali stanno perdendo almeno il 60% del loro fatturato; i proprietari di laboratori di gioielli e bijoux segnalano perdite che rappresentano fino all’80% dei loro guadagni annuali.
Le aziende del settore legno mobili riportano un calo potenziale delle entrate del 65%, mentre le imprese della moda e del cuoio prevedono una contrazione dei affari del 70%. Allo stesso modo, i fabbricatori di strumenti musicali unici e le microimprese di artigianato artistico segnalano una diminuzione dei profitti del 75%. Di fronte a queste sfide, solo il 3% cerca di rispondere, mentre la rimanente percentuale del 97% rimane silenziosa, prevalentemente per mancanza di fiducia. “L’artigianato vanta una grande attrazione ed è per questo che molti ne approfittano. Un esempio? Durante le festività natalizie a Milano, è un’impresa trovare un panettone non fatto a mano”, afferma Stefano Fugazza, presidente dell’Unione Artigiani, panettiere e pasticciere. “In questo caso – continua – grazie a un regolamento ben definito e accettato, a una marca distintiva e al ruolo della Camera di commercio di Milano, riusciamo a proteggere un’eredità gastronomica; fuori da questo contesto, però, è una battaglia. I Nas hanno persino sequestrato tonnellate di panettoni industriali venduti come artigianali”.