Hanno minacciato fino all'ultimo di scendere in piazza, hanno promesso un presidio al quale hanno aderito diverse associazioni, hanno preparato comunicati stampa con toni rabbiosi. Sì, ma la manifestazione di oggi in piazza Duomo non ci sarà.
Una domanda sorge spontanea. E tutte le delegazioni che dovevano arrivare dall'Europa e dalla Cina che faranno adesso? Sono state avvertite tutte all'ultimo minuto, come hanno fatto con noi, magari mentre si apprestavano a salire sull'autobus o sull'aereo? Oppure si è trattato di un grande bluff? Un'astuta mossa per aprire veloci trattative. No perchè qualcosa non torna in tutto questo.
Diciamolo, forse è meglio così, il dialogo è sicuramente più produttivo di una manifestazione. E' sempre stato così. Però nell'aria aleggia il pensiero della "minaccia preventiva".
Ecco cosa si legge oggi: «Tre settimane per trovare una soluzione condivisa sui problemi della Chinatown milanese»: si tratta dell'impegno concordato ieri tra il primo cittadino Letizia Moratti e il funzionario di stato Zhang Limin.
«Finché si tratta non si sfila». «Tra l'altro — precisava ieri sera da Marco Jubin, uno dei punti di riferimento storici della comunità milanese — avevamo scordato che la nostra manifestazione sarebbe coincisa col Salone del Mobile, e l'ultima cosa che vogliamo è creare problemi all'economia della città».
Avevamo scordato? Ma che affermazione è? Possibile che possa aver influito un simile problema? Dal muro contro muro alla distensione dei rapporti. In mezza giornata. Speriamo che le delegazioni estere non siano già in viaggio. Ma sì, al massimo faranno un giretto nel nostro centro cittadino.
Noi andremo comunque in piazza Duomo con le telecamere. Chissà se vedremo arrivare un cinese tutto di rosso vestito, con bandierone in dotazione, che si guarda in giro con aria sorpresa.