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Quando il coraggio fa la differenza: un caso di molestie a Milano

Una passeggera ha inseguito un aggressore dopo un episodio di molestie su un autobus. Un atto di coraggio che merita attenzione.

Diciamoci la verità: la violenza sulle donne è un problema che non accenna a diminuire, e gli episodi si susseguono con preoccupante regolarità. L’ultimo caso avvenuto a Milano, dove una donna è stata molestata su un autobus, ci ricorda che la strada è ancora lunga e che la società deve fare di più per proteggere le sue cittadine. Ma in questo contesto di violenza crescente, emerge la figura di una passeggera che ha dimostrato un coraggio esemplare, inseguendo l’aggressore fino all’arresto.

Un episodio che fa riflettere

Il 1 settembre, su un affollato filobus della linea 90, una donna ha subito molestie da parte di un uomo sconosciuto. Quello che accade dopo è emblematico: mentre il molestatore si dileguava, una testimone ha deciso di non restare a guardare. Questa quarantenne, armata solo della sua determinazione, ha inseguito l’aggressore e ha mantenuto la comunicazione con la polizia, contribuendo in modo decisivo all’arresto. Ma ci siamo mai chiesti cosa spinge una persona a intervenire in situazioni così rischiose? È un atto di coraggio o un gesto di responsabilità civile?

La realtà è meno politically correct: non possiamo ignorare che questi eventi accadono in un clima di crescente impunità. Le statistiche parlano chiaro: l’8 marzo 2023, l’ISTAT ha riportato che circa il 31% delle donne ha subito una forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita. Un dato che fa rabbrividire e che ci costringe a chiederci: cosa stiamo facendo per cambiare questa situazione? È sufficiente applaudire chi si oppone alle ingiustizie, o dobbiamo fare di più?

Il coraggio non basta

Se da una parte applaudiamo il coraggio di chi, come la passeggera di Milano, si oppone alle ingiustizie, dall’altra parte dobbiamo affrontare il fatto che questo non può essere l’unico rimedio. La vittima della molestia, per esempio, non è stata ancora identificata e questo solleva interrogativi sulla protezione delle donne e sul supporto che ricevono. So che non è popolare dirlo, ma la responsabilità non ricade solo sulle spalle di chi assiste: le istituzioni devono garantire un ambiente sicuro e una rete di supporto per le vittime.

Inoltre, l’aggressore è un 21enne irregolare, già con precedenti. Questo solleva un altro punto controverso: la gestione dell’immigrazione e la sicurezza. Non si tratta di demonizzare un gruppo, ma di comprendere che ci sono situazioni che richiedono un’analisi più profonda e una politica più efficace. Non possiamo più dare la colpa solo al ‘caso isolato’. Dobbiamo chiederci: che tipo di società vogliamo costruire?

Conclusioni che disturbano

Il re è nudo, e ve lo dico io: il problema della violenza sulle donne è sistemico e va affrontato in modo radicale. Non possiamo più permettere che episodi come questo siano considerati la norma. Ogni giorno, donne in tutto il paese vivono nella paura, e questo è inaccettabile. È fondamentale che la società, le istituzioni e le forze dell’ordine collaborino per mettere in atto misure preventive e per garantire che chi commette violenza venga punito con la severità che merita.

Invito quindi a un pensiero critico: cosa possiamo fare, come cittadini e come società, per cambiare le cose? È tempo di passare dalle parole ai fatti e iniziare a costruire un futuro in cui il coraggio non sia l’eccezione, ma la norma. Non possiamo più accontentarci di applaudire i gesti eroici; dobbiamo lavorare insieme per garantire che ogni donna si senta al sicuro nel proprio paese.

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