Il Tribunale di Milano ha emesso una sentenza che impone all’azienda di trasporti milanese (ATM) di reintegrare nel proprio posto di lavoro e risarcire un dipendente vittima di licenziamento ingiusto.
Questa lunga battaglia legale, durata cinque anni, giunge finalmente a una conclusione.
Si tratta di Adriano Michele De Gasperis, un impiegato di 54 anni presso Atm, che è stato licenziato tre volte dall’azienda dopo aver denunciato le truffe legate ai biglietti clonati. In tutte e tre le occasioni, De Gasperis è stato reintegrato nel suo ruolo.
De Gasperis era stato sospeso e successivamente licenziato nel 2018 per aver segnalato il fenomeno dei biglietti clonati, un’attività illecita condotta da dipendenti disonesti di un Atm point che guadagnavano dalla vendita illegale di tagliandi, causando notevoli perdite.
Il dipendente aveva anche accusato alcuni dirigenti aziendali di inerzia e complicità nella vicenda, senza che fosse stato preso alcun provvedimento nei loro confronti.
Il Tribunale di Milano ha dichiarato illegittimi i provvedimenti disciplinari presi contro il dipendente, annullando la decisione di licenziarlo e condannando Atm.
Risarcimenti e reintegrazione
Il dipendente, sospeso dal lavoro e senza stipendio dal marzo 2023, dovrà essere reintegrato nella sua posizione originaria e ricevere un risarcimento danni equivalente alla retribuzione dal momento del licenziamento fino alla sua effettiva reintegrazione.
Inoltre, Atm è obbligata a versare i contributi assistenziali e previdenziali arretrati.
L’avvocato di De Gasperis ha commentato la sentenza, definendola “epocale” e sottolineando che riconosce finalmente il diritto di un whistleblower a una protezione piena ed effettiva. Secondo l’avvocato Domenico Tambasco, questa decisione invia un segnale importante dal Tribunale di Milano, indicando che oggi non è più necessario essere eroi o martiri per denunciare illeciti; è sufficiente essere semplici cittadini.
Si tratta, in definitiva, di un incoraggiamento al controllo diffuso e democratico della legalità.
In definitiva, l’azienda dovrà anche coprire le spese legali sostenute dal dipendente durante il processo, inclusi i costi della doppia fase cautelare del giudizio, per un totale di 20mila euro, con il rimborso delle spese generali al 15%.