Quando si affronta un periodo di maternità, è fondamentale sapere chi eroga l’indennità economica e con quali modalità. In Italia, l’INPS è l’Ente incaricato di garantire un sostegno alle lavoratrici in astensione dal lavoro.

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Quando si affronta un periodo di maternità, è fondamentale sapere chi eroga l’indennità economica e con quali modalità. In Italia, l’INPS è l’Ente incaricato di garantire un sostegno alle lavoratrici in astensione dal lavoro, assicurando una retribuzione sia durante il congedo obbligatorio che, in misura ridotta, durante quello facoltativo. In genere, l’importo viene anticipato direttamente dal datore di lavoro, salvo eccezioni previste dalla normativa vigente.
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Chi paga la maternità: INPS o azienda?
Stabilire chi paga la maternità non è sempre immediato, perché le modalità variano a seconda del tipo di impiego.
Nella maggioranza dei casi, è il datore di lavoro ad anticipare l’indennità economica prevista per la maternità, anche se l’importo rientra nelle competenze dell’INPS, che lo rimborsa all’azienda.
Per la lavoratrice, ciò significa che il rimborso viene inserito direttamente nella busta paga, con una voce specifica intestata all’INPS, pur essendo materialmente versato dal datore.
I casi in cui paga direttamente l’INPS
Non in tutti i casi l’indennità di maternità passa dal datore di lavoro. Alcune lavoratrici la ricevono direttamente dall’INPS, come previsto da una disposizione del Testo unico, che richiama una normativa storica ancora valida. Questa modalità, in particolare, si applica a:
- Operaie agricole
- Stagionali con contratto a termine
- Lavoratrici domestiche
- Professioniste dello spettacolo con contratto a termine
- Disoccupate
La ragione è semplice: questi contratti prevedono una gestione previdenziale differente, che non implica l’anticipo da parte dell’azienda. Di conseguenza, è l’INPS a versare direttamente l’indennità, senza passaggi intermedi.
Retribuzione durante la maternità: cosa sapere
L’importo percepito durante la maternità dipende dal tipo di congedo scelto.
Per l’astensione obbligatoria, la lavoratrice ha diritto a un’indennità pari all’80% della retribuzione giornaliera calcolata sul mese precedente all’inizio del congedo. Questo importo copre tutti i 5 mesi previsti dalla legge.
In alcuni casi, il CCNL applicato in azienda può prevedere una componente aggiuntiva a carico del datore di lavoro, con l’obiettivo di avvicinare l’indennità al normale stipendio e tutelare il tenore di vita della neomamma.
Se si sceglie invece di usufruire del congedo parentale facoltativo, il compenso scende al 30%, a condizione che venga utilizzato entro i 6 anni del bambino. Per richieste presentate tra il sesto e l’ottavo anno, l’indennità viene concessa solo se il reddito complessivo non supera una certa soglia (pari a 2,5 volte la pensione minima). Oltre gli 8 anni, e fino ai 12, non è prevista alcuna forma di indennizzo da parte dell’INPS.
Obbligatorio o facoltativo? Le due forme di congedo a confronto
Il congedo di maternità, come appena anticipato, si articola in due forme: obbligatoria e facoltativa, distinte soprattutto per la durata e il periodo di utilizzo.
Il congedo obbligatorio consente alla lavoratrice di assentarsi dal lavoro per un massimo di 5 mesi, scegliendo tra due opzioni:
- 2 mesi prima e 3 mesi dopo il parto.
- 1 mese prima e 4 mesi dopo.
In caso di gravidanza senza complicazioni, è anche possibile iniziare il congedo direttamente dopo la nascita del bambino.
Il congedo facoltativo, infine, può essere utilizzato entro il dodicesimo anno del figlio. Se entrambi i genitori decidono di usufruirne, la durata complessiva arriva fino a 10 mesi. Se a farne richiesta è solo la madre, il periodo massimo è di 6 mesi.