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Il CBD o cannabidiolo è da diversi anni al centro dell’attenzione mediatica e scientifica. Per capire come mai, basta fare mente locale sulle dimensioni che, entro il 2025, potrebbe raggiungere il suo mercato negli USA: per quell’anno, si prevede un giro d’affari di 16 miliardi di dollari.
Quali sono i benefici CBD? Nelle prossime righe, risponderemo assieme a questa domanda importantissima.
Il CBD, isolato per la prima volta all’inizio degli anni ‘40 da R. Adams e dalla sua equipe, è un cannabinoide. Per la precisione, si tratta di uno degli oltre 100 fitocannabinoidi che caratterizzano la pianta di cannabis. Meno famoso del THC fino a qualche anno fa, non ha effetti psicoattivi. Da diverso tempo ormai, sono in corso studi che analizzano la capacità del cannabidiolo di attenuare lo sballo provocato dal tetraidrocannabinolo.
Dall’inizio del 2020, il CBD è al centro di un vero e proprio boom commerciale (stiamo parlando del caso dell’Italia). Quando lo si chiama in causa, si decantano i suoi benefici riguardanti il controllo dell’ansia e il miglioramento della qualità del sonno, effetti positivi per il benessere che si possono apprezzare senza il rischio di avere a che fare con la psicoattività.
Cosa dice la scienza in merito a queste proprietà? Seguici nel prossimo paragrafo per scoprire qualcosa di più!
Il CBD ha dimostrato di essere una soluzione naturale relativamente sicura ed efficace nel trattamento di diversi quadri clinici. A dimostrazione di ciò, è possibile citare l’approvazione, da parte della FDA, del farmaco Epidiolex.
Questo medicinale, autorizzato negli USA, si contraddistingue per la presenza, nella composizione, di estratto di CBD purificato. Indicato per trattare una forma di epilessia rara nei pazienti dai due anni in su, è stato immesso in commercio a seguito dell’esecuzione di diversi studi in doppio cieco randomizzati con placebo.
Sottolineare le caratteristiche dei lavori clinici è importantissimo: nei casi appena ricordati, infatti, la divisione dei partecipanti tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo è casuale. Inoltre, né i soggetti facenti parte del campione né gli esperti che conducono la ricerca sanno chi assume il placebo e chi, invece, è trattato con il farmaco.
Uno dei campi di ricerca più attivi quando si parla di CBD è quello che si pone come obiettivo l’analisi degli effetti del cannabidiolo sui soggetti affetti da ansia e disturbo post traumatico da stress. Tra gli studi più celebri in merito è possibile citarne uno i cui dettagli sono stati pubblicati sulle pagine della rivista scientifica Neuropsychopharmacology.
In questo caso, è stata scoperta la capacità del CBD di ridurre i sintomi di nervosismo nei soggetti che si apprestano a simulare una performance di public speaking. A tal proposito, però, è fondamentale ricordare che, in uno studio affine in doppio cieco, i volontari assegnati al gruppo sperimentale, ossia quello caratterizzato dall’assunzione di CBD, non hanno dimostrato, rispetto al gruppo di controllo, differenze significative per quanto riguarda la proiezione mentale di immagini future poco gradevoli prima di salire sul palco.
Per quanto riguarda il disturbo post traumatico da stress, è doveroso ricordare che, da parte del Department of Veterans Affairs degli USA, è in corso di finanziamento uno studio avente il fine di capire gli effetti del cannabidiolo sui soldati reduci da scenari bellici.
Come affermato da diversi esperti – tra cui Mallory Loflin, professore a contratto presso l’Università della California e tra i principali scienziati che stanno lavorando al sopra citato studio – nei modelli animali il CBD si è dimostrato capace di contribuire alla rottura dell’associazione tra i ricordi del trauma subito e la risposta quotidiana alla paura.
Tra i benefici più decantati del CBD, troviamo senza dubbio le affermazioni che parlano della sua capacità di dare una svolta alla qualità del sonno. Cosa c’è di vero? Per amor di precisione, è il caso di ricordare che, oggi come oggi, non sono stati effettuati studi specifici randomizzati in doppio cieco con placebo sul rapporto tra assunzione del cannabidiolo e risoluzione di problematiche riguardanti l’igiene del sonno.
Nel 2019, è stata pubblicata una revisione scientifica che ha coinvolto le cartelle cliniche di 72 pazienti psichiatrici trattati con cannabidiolo. Il CBD si è dimostrato capace di favorire la riduzione dei sintomi ansiosi, ma non di migliorare la qualità del sonno.
Quando si parla delle problematiche che la riguardano, è bene rammentare che sono diversi i fattori in grado di interrompere il sonno. Nell’elenco, spicca indubbiamente la depressione. Nel corso di diversi studi effettuati negli ultimi anni, i roditori si sono dimostrati in grado di adattarsi meglio alle condizioni di stress, nonché di palesare sintomi ridotti della sopra citata patologia a seguito della somministrazione di cannabidiolo. In questi frangenti, il CBD si è dimostrato più efficace dei farmaci antidepressivi convenzionali.
Se si assume CBD puro, non ci sono problemi per quanto riguarda la sicurezza. Data questa doverosa premessa, rammentiamo che, per quel che concerne gli effetti collaterali che è stato possibile notare nei pazienti trattati con Epidiolex, tra i principali figurano la diarrea, la sonnolenza, gli episodi di affaticamento e la debolezza fisica.
In alcuni soggetti è stato possibile notare l’insorgenza di eruzioni cutanee, per non parlare della riduzione dell’appetito.
Un aspetto fondamentale da sottolineare in merito al CBD riguarda il fatto che, ad oggi, non esistono indicazioni scientifiche definitive relative alla quantità di cannabidiolo da assumere per poter parlare di sicurezza per la salute, anche in condizioni di particolare delicatezza fisica come la gravidanza.
La ricerca scientifica sul CBD è relativamente giovane – per tanti anni, decenni per la precisione, la scienza si è concentrata soprattutto sul THC – e sono ancora tanti i passi da fare, soprattutto quando si tratta di studi sugli esseri umani.
Una frontiera che, a detta degli esperti, è a dir poco promettente riguarda la capacità del cannabidiolo di concretizzare il cosiddetto effetto placebo. Il potenziale c’è: quello che conta, lato utente finale, è informarsi bene sui passi fatti dagli scienziati, in modo da essere consapevole degli effetti che si si può aspettare dall’assunzione di un determinato prodotto.