L'11 luglio del 1979 a Milano, in via Morozzo della Rocca, veniva assassinato un avvocato: Giorgio Ambrosoli.
A premere il grilletto un sicario, ingaggiato da un banchiere senza scrupoli: il 'salvatore della Lira', Michele Sindona. Il giorno successivo al suo omicidio Ambrosoli doveva sottoscrivere una dichiarazione formale a chiusura dell'inchiesta sul fallimento della Banca Privata Italiana, su cui lavorava dal 1974.
Al suo funerale non presenziò nessuna autorità pubblica, ad eccezione della Banca d'Italia. Un'assenza, un silenzio assordante che Milano si porta sulla coscienza da trent'anni. L'avvocato, un uomo onesto e non disponibile a piegarsi ad un sistema marcio e corrotto, aveva scelto di percorrere la strada della legalità e del rispetto delle regole.
Nonostante la solitudine (e le minacce che arrivarono qualche anno dopo) aveva deciso di continuare ad essere un uomo libero, facendo il proprio dovere per il bene del Paese. Anche se intuì molto presto che avrebbe pagato la sua integrità a caro prezzo.
Lo aveva capito già nel 1975, quando scrisse una toccante lettera alla moglie:
"È indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di far qualcosa per il Paese"
La storia di Giorgio Ambrosoli ancora oggi ha tanto da insegnare.
E deve essere raccontata, perchè tutti noi possiamo e dobbiamo fare la nostra parte per costruire il Paese nel quale vogliamo vivere. Sembra un concetto banale, ma non lo è affatto. Come raccontava in un'intervista al Corriere il figlio Umberto, in occasione dell'uscita del libro "Qualunque cosa succeda": "Sarebbe bastato un piccolo sì, qualche piccola omissione, non prendere posizione; avrebbe avuta salva la vita". Come ha scritto Ugo La Malfa 'mezza Italia' ("che poi — spiega l'autore — significa mezza Dc") si è mossa 'in difesa' di Sindona.
E progressivamente in Umberto matura l'amarezza che raccoglie in queste parole: "Sento un'omissione generalizzata intorno alla vita di papà. Chi è chiamato a responsabilità pubbliche non ha forze né motivazioni per confrontarsi con la sua storia. La mia sensazione è che nella sua interezza e complessità non sia stata raccolta dalla collettività" In un momento così difficile, come quello che stiamo vivendo, è importante prendere coscienza della nostra possibilità di cambiare le cose. Dobbiamo indignarci, come si diceva anche nel corso della manifestazione anti-bavaglio: ci si indigna ancora troppo poco di fronte alla corruzione e ai 'brutti vizi' della vita quotidiana e della politica, che si accettano passivamente come fossero "cose normali".
Basterebbe semplicemente rimettere ai primi posti alcuni valori, come l'onestà sia nella vita che sul lavoro, che troppo spesso vengono dimenticati. Scegliere il rispetto delle regole infatti è sempre la strada più difficile da percorrere. 0 Post correlati Seveso, per evitare le esondazioni servono nuove misure: ma i progetti sono fermi “No Gelmini Day”, le foto del corteo di Milano: danneggiata la vetrina di una banca Enrico De Alessandri si incatena davanti al Pirellone per protestare contro il potere di Comunione e Liberazione Ruby Rubacuori al Karma, insulti dalle coetanee e cori volgari dai ragazzi: le foto “