Parlare di aborto è sempre molto difficile, anche se in realtà molti politici (spesso uomini) lo fanno, e a sproposito. E' una questione che riguarda un aspetto delicatissimo della vita di una donna e che deve essere considerato nella sua difficoltà. Se è difficile scegliere di tenere un bambino, quando si rimane incinte in situazioni precarie, è altrettanto, se non addirittura più, difficile decidere di interrompere la gravidanza. Perfettamente consapevoli di quello a cui si andrà incontr, difficoltà psicologiche e rimorsi in primis. O rabbia, per essere state costrette a farlo da fattori esterni.
E' una scelta che sicuramente non viene fatta con leggerezza come si fa pensare e forse, se non ci fosse tutta questa difficoltà nel reperimento di metodi "di emergenza", ci sarebbero molte meno richieste di aborto. La clinica Mangiagalli di Milano infatti ha segnalato un picco di richieste dovute principalmente a difficoltà economiche. Solo 13 mila posti di lavoro a rischio solo tra gennaio e febbraio.
Lavori che si perdono, mutui da pagare, precariato, studi da finire: presumibilmente quando si scopre di essere incinte in queste condizioni la gioia di una gravidanza viene offuscata da nubi nerissime. Alla Mangiagalli si fanno 1.700 interruzioni di gravidanza all'anno, e sono in aumento fra le italiane. Le extracomunitarie invece spesso ricorrono a aborti-fai-da-te o clandestini per paura di essere denunciate se sono irregolari, con gravi rischi per la salute.
E non è certo una mera questione di degrado sociale: il direttore sanitario Basilio Tiso spiega che
"Mai come adesso la mancanza di soldi sta condizionando la decisione di tenere un bambino, anche e soprattutto tra le italiane. È uno degli effetti della crisi finanziaria"
Il primo segnale è l'allungamento delle liste d'attesa: dai sette giorni previsti dalla legge 194 in Mangiagalli si arriva anche a dieci/dodici.
Il ginecologo Augusto Colombo
"C'è un'ondata allarmante di richieste che facciamo fatica a soddisfare. La prima ipotesi che ci viene in mente per giustificarla è la recessione. Chi fa fatica ad arrivare a fine mese spesso rinuncia a fare un figlio. È una triste realtà"
Il 12% delle donne che chiedono di abortire sono disoccupate, il 3% in cerca di lavoro, il 10% studentesse, il 12% casalinghe: proprio la mancanza di ocupazione, o al contrario, la difficoltà di conciliare famiglia e lavoro (per quante bugie si possano raccontare le donne sono ancora fortemente penalizzate da questo punto di vista e devono attaccarsi con le unghie salde alla scrivania o al nastro trasportatore della fabbrica per non perdere il posto. Figurarsi chiedere periodi di astensione) fanno propendere una donna per questa scelta.
Per il primo anno di vita il Corriere spara5mila euro di spesa per un neonato a Milano.
Su questo sito abbiamo trovato un calcolatore…5mila euro forse sono pochini