Indagini chiuse per 12 persone, archiviazione per altre 17 tra cui chef Rubio.
La chiusura delle indagini
La procura di Milano ha recentemente concluso le indagini riguardanti 12 individui accusati di diffamazione e istigazione a delinquere per motivi di odio razziale nei confronti della senatrice a vita Liliana Segre. Questo sviluppo arriva dopo un periodo di intense indagini coordinate dal pubblico ministero Nicola Rossato e dal procuratore Marcello Viola. Le accuse si riferiscono a una serie di insulti e minacce ricevute dalla senatrice, in particolare attraverso i social media, dove il linguaggio di odio ha trovato purtroppo un terreno fertile.
Le denunce di Liliana Segre
Il caso è emerso a seguito di 24 denunce presentate da Liliana Segre ai carabinieri di Milano, in cui la senatrice ha segnalato messaggi di odio di natura diffamatoria, molti dei quali di carattere antisemita e contenenti auguri di morte. Tra i denunciati figura anche Gabriele Rubini, noto come chef Rubio, il quale ha attirato l’attenzione per le sue dichiarazioni contro la senatrice, definendo “vergognoso” il silenzio su quella che lui stesso ha descritto come una “pulizia etnica” contro i palestinesi in Israele.
La posizione della procura
Secondo il pm Nicola Rossato, le affermazioni di Rubini, sebbene aspre e critiche, rientrano nel legittimo esercizio del diritto di critica e devono essere contestualizzate all’interno di un dibattito pubblico più ampio. La procura ha quindi richiesto l’archiviazione per Rubini e per altre 16 persone, ritenendo che i messaggi, seppur lesivi della reputazione, non possano essere considerati come atti di diffamazione. Questo approccio evidenzia la complessità del dibattito contemporaneo sui social media, dove le opinioni possono facilmente sfociare in insulti e minacce, ma dove è fondamentale mantenere un equilibrio tra libertà di espressione e rispetto per la dignità altrui.