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A Milano l’inflazione è alle stelle e i salari non sono idonei a garantire standard di vita minimi accettabili.
Nella giornata del 1° maggio il sindaco Beppe Sala ha lanciato la sfida alle imprese: “C’è qualcosa che non va” se alcune aziende fanno “profitti incredibili” e nel frattempo “la gente guadagna poco”. Elaborando i dati Istat, l’Unione nazionale dei consumatori ha stimato che una famiglia media -2,3 persone- spende 3.314 euro al mese. Per i beni alimentari si spendono 441 euro, per i trasporti 345 e per l’istruzione 25.
La voce più pesante del bilancio? Gli 869 euro di affitto. In totale si spendono poco meno di 40mila euro l’anno. A causa dei rincari, però, le cifre sono in crescita. Secondo il database di Idealista, gli affitti di Milano sono i più cari: 20 euro al metro quadro, contro una media nazionale di 11,2 euro. Negli ultimi 12 mesi sono saliti del 13%, contro il +3% del resto della penisola.
Nei primi tre mesi dell’anno l’Unc registra un’inflazione cittadina pari al 4%. Quella tendenziale è raddoppiata dal 3,2% di dicembre al 6,1% di marzo. Negli ultimi cinque anni, i rincari sono stati dell’8,6%.
Durante lo stesso quinquennio l’Osservatorio JobPricing segnala cali diffusi nelle buste dei dipendenti del settore privato: -1,1% i dirigenti (a 122mila euro di retribuzione lorda annua, bonus compresi), -2,3% gli impiegati (33.673), -3,4% gli operai (25.870).
Sulla stessa base di dati, JobPricing afferma che il netto annuo di un dirigente è di poco sotto 60mila euro, quadri e impiegati sono a 35 e 23mila euro, gli operai non arrivano a 20mila.
Maurizio Del Conte, giuslavorista alla Bocconi, evidenzia: “Milano non è una città per il ceto medio”. E aggiunge: “Se gli affitti aumentano, mentre i salari sono bloccati vuol dire che non siamo in grado di generare un differenziale retributivo tale da colmare quello del costo della vita“.
Nel capoluogo lombardo il gender gap sfiora il 20% contro il 14% nazionale. La differenza retributiva tra un lavoratore giovane (25-34 anni) e maturo (45-54) è del 42% contro il 22% nazionale. Secondo la Camera del Lavoro 340mila cittadini guadagnano meno di 15mila euro l’anno. Secondo Del Conte è necessario attrarre le attività a valore aggiunto, ma è un processo di lungo periodo: il problema è urgente.
“La soluzione più immediata è detassare le parti addizionali di salario variabile, per incentivare le aziende a dare di più”. Del Conte, presidente dell’Afol metropolitana, ricorda il Patto per il lavoro: “Non basta produrre ricchezza per produrre buon lavoro. Il patto è fondamentale perché ingaggia le imprese. Se esse saranno chiare nel manifestare le loro esigenze e i piani di assunzioni, sarà possibile attivare servizi di politiche attive che diano risposte ai fabbisogni dichiarati”.
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