Bruno Segalini, autore di Fiamme & rock’n’roll, si è raccontato nella rubrica Bella Milano.
Il libro e il rapporto dell’autore con la città di Milano, cambiata moltissimo nel corso degli anni.
Sei l’autore di “Fiamme & rock ‘n roll” che è a mio avviso uno dei più bei libri che parlano di musica, periferia, politica ed altre cose che adesso sembrano distanti secoli. In tutto ciò non c’è nostalgia e non è la solita menata sui bei tempi andati. Insomma raccontaci un po’ questo successo editoriale.
Quando ho iniziato a scrivere sulla resistenza allo sgombero del Leoncavallo di Milano, messa in atto nel lontano agosto del 1989, avevo un solo obiettivo: raccontare per la prima volta una delle vicende più importanti della controcultura italiana del secolo scorso e, contemporaneamente, riuscire a decontestualizzare lo spirito che aveva portato i suoi occupanti a usare delle bombe molotov per impedire alla polizia di entrare. Ci tenevo che fosse qualcosa di proponibile anche a chi non ha vissuto l’esperienza dei Centri Sociali degli anni ottanta.
Che soprattutto a loro, arrivasse il messaggio chiaramente espresso dal romanzo: se calpestano i tuoi diritti, è giusto ribellarsi, anche in maniera decisa. Ho scelto quindi di veicolarlo, affrontando l’argomento dal punto di vista poetico e estetico. Ma non solo. Volevo anche che quell’atto di rivolta sociale, così bello e contagioso, avesse la medesima forza travolgente degli inni punk che erano stati capaci di alimentarlo.
In parole povere, il risultato finale, doveva infondere nel lettore la stessa energia che si trae ascoltando un pezzo dei Ramones.
La soluzione più vicina al mio parametro iniziale, era dunque lasciar fluire questa storia attraverso gli occhi di una rock band che vi aveva partecipato
attivamente. E questa in fondo è stata, per me, la cosa meno difficile. I Pila Weston, protagonisti del racconto, sono infatti il gruppo in cui ho militato per tanti anni e quella mattina erano davvero sul tetto della vecchia fabbrica di via Leoncavallo 22. Sotto ai piedi avevano la loro sala prove, il mondo in cui vivevano tutti i giorni e tante altre cose che avete potuto leggere nel romanzo.
Proprio Paolo Gozzetti, che all’epoca ne era il bassista, ha letto la prima stesura di Fiamme e da lì è partito tutto.
Non sapevo nemmeno che l’avesse consegnata nelle mani di Gomma Guarneri della Shake. Mi ritengo fortunato, perché lavorare con loro, avere la prefazione di Sandrone Dazieri e vantare una copertina disegnata da Giacomo Spazio, è poi stato il miglior incoraggiamento per portare a termine la versione definitiva. Ovviamente, la felicità vera, è arrivata più tardi.
Ascoltando il giudizio dei lettori, giovani e diversamente giovani.
Parlare del Leo, Leonka o per i profani Leoncavallo è inevitabile. In un certo modo per le dinamiche diverse e per le realtà che vi convivevano all’interno era un po’ una Milano nella Milano sia per estrazioni sociali che per approcci culturali e politici. Come lo vivevi te? È ancora cosi?
Bene. Ho sempre creduto che il confronto costruttivo, anche il più aspro, arricchisca la vita della gente e migliori i progetti a cui dedichiamo il nostro tempo.
La carta vincente del vecchio Leo è stata proprio questa: la capacità di dare spazio a realtà diverse e di unirle in nome di un’appartenenza sociale e politica.
Mi chiedi cosa sta succedendo adesso? Non lo so perché vivo a Massa, ma temo di capire quale sia, più in generale, il senso della tua domanda. La rarità con cui ai giorni nostri viene praticata questo tipo di apertura mentale, soprattutto all’interno dei pochi posti comandati
rimasti, è ormai davanti agli occhi di tutti.
E a mio avviso, un atteggiamento del genere, ha molto indebolito tutto il movimento politico e contro-culturale italiano.
Il Leoncavallo é ormai una istituzione e sembra essere rimasto l’unico sopravvissuto di una era in cui i centri sociali a Milano erano diffusi come dei fortini. Perché il Leo è sopravvissuto e pur rimanendo antagonista è riuscito a diventare una istituzione?
Perché è un luogo che negli anni migliori diffondeva cultura a prezzi popolari e, attraverso di essa, aggregava circa quindicimila persone ogni weekend.
Non c’è mai stato nulla di simile in Italia, e forse nemmeno in Europa. E’ quindi ovvio che essendo parte di una storia collettiva non legata solamente all’ambito politico, sia per forza diventato un’istituzione. Artisti provenienti da ogni parte del mondo sono passati tra quelle mura, musicisti, teatranti, cinematografari, writers, scrittori. Sarebbe ingiusto che la cultura ufficiale non lo riconoscesse.
Sei Milanese ma non abiti più a Milano. Come l’hai trovata cambiata dai tempi dei Pila Weston.
Incattivita, logorata da una ruota per criceti su cui probabilmente sta correndo da troppo tempo. Mi dispiace molto che abbia poca voglia di cultura e di svago, ma la conosco, lei più di ogni altra cosa adora il denaro. Ed essendo quest’ultimo sparito preferisce litigare e cercare qualcuno a cui dare la colpa della propria insoddisfazione economica. Non è però un problema che affligge solo Milano, tutte le grandi metropoli del mondo occidentale soffrono di questa malattia.
The decline of Western Civilization … ricordi? In un futuro sempre più globalizzato ci saranno gli inclusi e gli esclusi e, la paura di essere assegnati a quest’ultima categoria, fa Novanta.
Quale sarà il tuo prossimo libro? Cosa fai quando non scrivi ? Progetti circa i Pila Weston?
Prima della pandemia avevo già un romanzo pronto, ma durante il periodo di isolamento ne ho scritto un altro. Decideremo insieme all’editore quale dei due uscirà per primo.
Una sola cosa li accomuna, entrambi raccontano una storia contemporanea. Quando non scrivo, suono o monto video, quasi sempre divento un fruitore di quello che fanno gli altri nei medesimi settori. Altrimenti, lascio che il tempo scorra attraverso il mio passatempo preferito. Quello che finisce a notte inoltrata e rende la vita meno agra.
Per quanto riguarda i Pila, non esistono più da tanti anni. Ma quando è uscito Fiamme e siamo tornati su di un palco per festeggiarlo, è stata comunque una bella sensazione.
Parola di Gianluca Ruberto, Paolo Gozzetti, Rinox Corrado e Bruno Segalini.
Leggi la precedente intervista della rubrica Bella Milano