×

Il nuovo sistema di selezione per le facoltà di Medicina a Milano

La novità del semestre di preparazione per il test di Medicina a Milano: un cambiamento necessario o una soluzione insufficiente?

Diciamoci la verità: la riforma del test d’ingresso a Medicina che ha preso piede a Milano è un tentativo di mettere una toppa a un problema che si protrae da anni. Con oltre 5.200 studenti pronti a mettersi alla prova, il sistema tradizionale, spesso criticato per la sua incoerenza, lascia il posto a un semestre di preparazione. Ma ci si deve davvero aspettare un miglioramento? La realtà è meno politically correct: questa potrebbe essere solo un’altra illusione.

Il contesto della riforma: perché il cambiamento era necessario

Negli anni passati, il test d’ingresso a Medicina, Odontoiatria e Veterinaria ha sollevato un polverone di polemiche. Domande che sembravano più adatte a un quiz da bar che a una seria valutazione delle competenze scientifiche degli studenti. E i dati parlano chiaro: le percentuali di studenti che superavano il test erano in calo, e il malcontento cresceva a vista d’occhio. Così, le università pubbliche milanesi hanno deciso di intraprendere una strada diversa. Con sei mesi di lezioni focalizzate su Chimica, Fisica e Biologia, il nuovo approccio si propone di livellare le competenze di tutti gli aspiranti medici.

Ma è davvero così semplice? Certo, un esame finale determinerà il punteggio per la graduatoria nazionale, con la pubblicazione prevista per febbraio 2026, ma ci sono molte incognite. Gli atenei hanno dovuto riorganizzare spazi e docenti per sostenere questo cambiamento, e il fatto che le prove consisteranno in 31 quesiti valutati in trentesimi non significa necessariamente che il sistema sarà più equo o che garantirà una preparazione adeguata a tutti. Ci si può davvero fidare di un sistema che si basa su un punteggio che potrebbe non riflettere le vere competenze degli studenti?

Statistiche e realtà: è davvero equità?

Analizziamo i numeri: in Lombardia, il semestre coinvolge oltre 6.600 studenti, ma dopo i tre esami previsti, i posti disponibili nella graduatoria regionale saranno poco più di 3.000. Questo significa che più della metà degli aspiranti medici non avrà accesso alla facoltà. Quindi, dove sta l’equità? Se il fine è quello di offrire a tutti una preparazione omogenea, il risultato finale potrebbe rivelarsi una lotteria, dove solo i più fortunati e i più preparati riescono a spuntarla. In un sistema già affollato e competitivo, questa riforma rischia di diventare un’ulteriore fonte di frustrazione.

Inoltre, Humanitas e San Raffaele continueranno a mantenere i loro test di ingresso separati, creando due categorie di aspiranti medici: quelli che possono permettersi di accedere a questi atenei privati e quelli costretti a confrontarsi con un sistema pubblico già intasato. Insomma, la tanto agognata equità potrebbe rivelarsi un miraggio per molti, e questo è un problema che non possiamo ignorare.

Conclusioni e riflessioni critiche

In definitiva, la riforma del test d’ingresso a Medicina a Milano rappresenta un cambiamento significativo, ma non privo di ambiguità. Se da un lato si cerca di uniformare le conoscenze scientifiche e aumentare le opportunità di accesso, dall’altro si rischia di perpetuare un sistema elitario, dove le vere competenze sono soffocate da un numero crescente di candidati. La realtà è che questa riforma, benché benintenzionata, potrebbe non affrontare le vere problematiche del sistema universitario italiano.

E allora, inviterei tutti a riflettere: stiamo davvero migliorando il futuro della formazione medica, o stiamo semplicemente spostando il problema più in là? È tempo di un pensiero critico, di mettere in discussione ciò che ci viene proposto e di non accontentarci di facili soluzioni. Altrimenti, il re è nudo, e ve lo dico io: è ora di aprire gli occhi.

Leggi anche