Milano si prepara a una grande manifestazione contro lo sgombero del Leoncavallo e la gentrificazione della città.

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In un contesto urbano sempre più segnato dalla gentrificazione e dallo sfratto di spazi storici, la recente mobilitazione a Milano ha acceso i riflettori su questioni fondamentali che riguardano la socialità e la cultura della città. Il 21 agosto 2025, sotto un cielo plumbeo e una pioggia incessante, militanti e sostenitori del centro sociale Leoncavallo si sono radunati in via Watteau per protestare contro lo sgombero avvenuto il giorno precedente. Ma la questione va ben oltre il destino di un singolo spazio: essa tocca il cuore di un modello di città che sembra voler cancellare ogni forma di socialità dal basso.
Il contesto di una lotta più ampia
Diciamoci la verità: lo sgombero del Leoncavallo non è solo un episodio isolato. Come sottolineato da Daniele Farina, storico portavoce del Leoncavallo, la manifestazione del 6 settembre non è solo una risposta a un sfratto, ma un grido d’allerta per l’intera città. La realtà è meno politically correct: Milano sta perdendo la sua anima, e ciò avviene in silenzio, mentre le istituzioni promettono un futuro di sviluppo e modernità. Statistiche scomode ci dicono che negli ultimi dieci anni, i costi degli affitti sono aumentati in modo esponenziale, costringendo molte realtà culturali e sociali a chiudere i battenti.
Ma che fine hanno fatto i luoghi di aggregazione, quelli dove si respira cultura e si costruiscono relazioni? La gentrificazione, spinta da un’urbanizzazione aggressiva, ha fatto sì che spazi storici come il Leoncavallo venissero considerati obsoleti, destinati a essere sostituiti da nuove costruzioni destinate a un’élite che non ha nulla a che fare con la comunità. La perdita di spazi pubblici e autogestiti è una conseguenza diretta di politiche che ignorano i bisogni della popolazione in favore di interessi privati e speculazioni edilizie.
Una manifestazione che unisce
Il 6 settembre rappresenta un’opportunità per riunire tutte le voci che si oppongono a questa deriva. Farina ha lanciato un invito chiaro: “Abbiamo urgenza di manifestare e dare parola alla città.” La manifestazione non deve diventare un appuntamento di divisione, ma piuttosto un momento di unione per chiunque abbia a cuore il destino di Milano. In un periodo in cui i fascismi si riaffacciano con prepotenza, è necessario che la società civile risponda con forza e chiarezza.
Non si tratta solo di difendere uno spazio, ma di affermare il diritto di ogni cittadino a vivere in una città che non sia solo un luogo di transito per turisti e investitori, ma un ambiente in cui la cultura, l’arte e la socialità possano prosperare. La mobilitazione del Leoncavallo è un esempio di come le comunità possano organizzarsi per rivendicare i propri diritti e costruire alternative. Le date del festival antirazzista Abba Vive, che coincideranno con la manifestazione, sono un ulteriore richiamo alla memoria e alla lotta contro ogni forma di discriminazione.
Riflessioni finali sulla resistenza
La conclusione è chiara: la lotta per spazi come il Leoncavallo è rappresentativa di una battaglia più grande, quella per una Milano inclusiva e solidale. Si è aperta una breccia, e ora tocca a noi costruire un futuro che non lasci indietro nessuno. Il re è nudo, e ve lo dico io: continuare a ignorare queste dinamiche non farà altro che condannarci a vivere in una città che non riconosciamo più. Gli spazi sociali non sono solo luoghi fisici, ma simboli di una comunità viva e in movimento.
In questo contesto, è fondamentale sviluppare un pensiero critico e attivo. La manifestazione del 6 settembre non è solo un appello alla resistenza, ma anche un invito a riflettere su cosa significhi vivere in una città che ha bisogno di essere riappropriata dai suoi cittadini. Siamo in un momento cruciale: è tempo di agire e di far sentire la nostra voce.