Il Milan consegna lo scudetto all’Inter, perde con l’Udinese e lascia in Friuli anche un po’ di dignità, confermando, se ce ne fosse stato ancora bisogno, di essere ben lontano da un’ipotesi di squadra che possa in qualche modo contendere il titolo (di quest’anno e i prossimi) ai ‘cugini’ nerazzurri.
Un ko che sicuramente non farà piacere a Silvio Berlusconi, che già a denti stretti aveva prima sbottato e poi ritratto giudizi fin troppo sinceri nei confronti di Carlo Ancelotti.
Le reti di D’Agostino su calcio di rigore e di Zapata (Ambrosini insacca troppo tardi la rete del 2-1 finale) affondano un Milan giunto a Udine senza aggressività e stimoli, così come fin troppa poca grinta la formazione di Ancelotti ha mostrato in un torneo in cui ha sempre fatto la figura della comparsa, a dispetto di un secondo posto che, più che valorizzare i rossoneri, diminuisce il valore del nostro campionato.
La squadra milanese si è ritrovata troppo spesso nelle condizioni di sparring-partner, improvvide sono parse le dichiarazioni bellicose d’inizio stagione, evidentemente tese a raccogliere qualche beneficio mediatico a breve gittata. Di basso profilo la stagione dei ‘Tre Palloni d’Oro’, parsi più ‘Tre Uomini in Barca’ che altrettanti campioni della ‘pelota’: perfino irritante Ronaldinho, che a un certo punto della stagione ha deciso di tirare i remi in barca, dopo che nella prima parte era stato frenato dai propri problemi fisici personali, e non meno fastidioso è parso lo spegnimento della luce da parte di Kakà, una volta sventato l’assalto del Manchester City, molto probabilmente in attesa della resa completa al Real Madrid.
Infine è stato solo umiliante, e a tratti inspiegabile, il completo inutilizzo di Andryi Shevchenko, che sicuramente avrebbe avuto la voglia e le possibilità di incidere maggiormente nella stagione milanista.
A questo si aggiungano le amare vicende di un gioco ormai prevedibile e stanco, di una difesa ormai a pezzi, di una lunga serie di infortuni, molti dei quali hanno gettato sinistre ombre sull’effettivo valore di Milan Lab, la presenza ingombrante di alcuni personaggi incomprensibilmente confermati e fin troppo costosi per le casse di Via Turati (Dida e Jankulovski su tutti).
A chiusura di tutto la consapevolezza di avere, o meglio ‘non avere’, un settore giovanile in grado di sfornare quei giocatori che, contemporaneamente, sarebbero in grado di dare peso e profondità alla squadra e togliere fastidiose uscite alle casse rossonere in sede di mercato.
Ora il Milan rischia a questo punto anche quel secondo posto di cui improvvisamente si era ornato il campo, riuscendo anche a scomodare qualche improponibile scusa per rendere meno amara la pastiglia di uno scudetto vinto con merito dall’Inter, al cospetto e a dispetto di una squadra di cui troppo spesso, per renderla ancora piacente, Adriano Galliani tesse le lodi di un passato che va dimenticato in fretta per costruire un futuro vincente.