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La mototerapia, un’innovativa pratica terapeutica ideata dal campione di motocross Vanni Oddera, ha recentemente guadagnato attenzione dopo l’approvazione della sua riconoscibilità come terapia complementare in Senato. Questa pratica coinvolge i pazienti in attività ludiche utilizzando moto elettriche, con l’obiettivo di alleviare le difficoltà legate all’ospedalizzazione, in particolare per i bambini e le categorie più vulnerabili. Ma quali sono le reali implicazioni di questa terapia e come si inserisce nel panorama delle cure sanitarie attuali?
Secondo il Ministro della Disabilità, Alessandra Locatelli, la mototerapia potrebbe contribuire a garantire una dimensione più umanizzata e dignitosa della cura. Questo approccio mira a valorizzare l’unicità della persona, partendo dalle emozioni e dal diritto di essere felici, anche in contesti ospedalieri. Tuttavia, è fondamentale considerare le opinioni di esperti del settore. L’Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie ha espresso preoccupazioni riguardo alla mancanza di solidi fondamenti scientifici che supportino l’efficacia della mototerapia, paragonandola ad altre terapie complementari come la musicoterapia o l’arteterapia.
Il Presidente dell’Ordine, Diego Catania, ha sottolineato che, sebbene tali attività possano essere affiancate alle cure ufficiali, non devono essere confuse con percorsi terapeutici riconosciuti. La creazione di false aspettative nei pazienti e nelle loro famiglie, già in una condizione di vulnerabilità, rappresenta un rischio significativo. È essenziale che le terapie siano validate dalla comunità scientifica e che seguano l’iter della medicina basata sull’evidenza, garantendo così l’efficacia degli interventi e il coinvolgimento di tutti i professionisti della cura.
Le professioni sanitarie, che includono terapisti della neuro e psicomotricità, tecnici della riabilitazione psichiatrica e logopedisti, svolgono un ruolo cruciale nel supporto a individui fragili. Questi professionisti operano in contesti come reparti di oncologia e centri diurni, dove l’implementazione di attività complementari come la mototerapia potrebbe essere valutata. Tuttavia, è prioritario riconoscere e valorizzare le competenze già presenti nel Servizio Sanitario Nazionale, piuttosto che introdurre nuove pratiche senza un adeguato supporto scientifico.