Pierluigi Foglia, è un giovane graphic designer originario di Battipaglia, una piccola cittadina ai piedi dell’Appennino campano e a nord della piana del Sele trasferitosi a Milano dal 2018.
Ha 27 anni e il suo percorso nasce con la street art e i graffiti da cui ha sempre approfondito il rapporto con la forma delle lettere e la loro evoluzione. Non meno importante è il rapporto dei graffiti con la società, la loro nascita.
Ha conseguito il diploma in Design per la comunicazione visiva all’Accademia di Belle Arti di Napoli nel 2016, città che non ha smesso mai di affascinarlo per via della cultura e della bellezza artistica di cui ero circondato e che è stata per me sempre fonte di stimolo.
A Napoli ha avuto anche modo di sperimentare mezzi di autoproduzione, spinto soprattutto dalla curiosità nei confronti di designer come Enzo Mari e il suo approccio alla disciplina del progetto. Da qui l’approccio alle tecniche serigrafiche per sviluppare i suoi primi progetti tra cui fanzine e poster.
Come il tuo lavoro ti ha portato a milano? Come ti trovi, rapporto con la città?
Arrivo a Milano nel 2018 per continuare i miei studi entrando a far parte del corso di Graphic Design avanzato presso il CFP Bauer.
Durante il periodo di studi presso il CFP Bauer e nel corso della mia esperienza in CBM italia Onlus, sono riuscito a dedicarmi all’editoria sviluppando diverse pubblicazioni con differenti metodologie di approccio, dalla visualizzazione dati alle attività didattiche volte alla sensibilizzazione su temi sociali.
Sicuramente quello che mi ha dato modo di conoscere questa città è stato visitare i differenti poli artistici (musei, fondazioni, case museo) che la compongono, potendo arricchire il mio immaginario. Con non poche difficoltà sono riuscito ad approcciarmi a Milano, iniziando durante il periodo didattico a lavorare di sera per poter sostenere le spese quotidiane: cibo, spostamenti, affitto.
Questo è sicuramente un posto per chi ha le idee chiare ed è disposto ad un grosso sacrificio per raggiungere i propri obbiettivi.
Lettering: approccio, cambiamenti, relazione con la clientela. A cosa lo associ?
Il mio obiettivo è di poter rafforzare la conoscenza sui processi che portano alla riuscita di un buon progetto, per poi definitivamente, poter integrare il lettering all’interno delle identità visive. Trovo che un buon lettering, se figlio di uno studio rigoroso e di un rapporto costante con il concetto che intendiamo esternare possa essere particolarmente incisivo e consentire di centrare con grande efficacia l’obbiettivo comunicativo che ci si è prefissati.
Le leggi della macro e micro tipografia in questo non possono non essere guide fondamentali. È in un certo senso è qualcosa che si avvicina all’autoproduzione di mezzi e strumenti in un mondo che va verso un’omologazione sempre più asfissiante. Molte volte riuscire a far comprendere al cliente lo studio che c’è dietro a un progetto del genere non è facile, soprattutto quando non sei nessuno. Regola che vale da una semplice comunicazione per eventi, un’immagine coordinata.
Questione covid e cambiamento rispetto al design e al lavoro del progettista. Dove vedi il tuo futuro?
Come designer sono convinto che questa professione debba continuamente interfacciarsi ed attingere dalla realtà e che non possa mai prescindere da un costante studio e aggiornamento, pertanto, mi approccio ad essa con un continuo spirito di curiosità, apprendimento, sperimentazione e immancabile passione.
Il covid ci ha catapultati in un periodo molto particolare, dove a risentirne sono proprio quelle piccole attività o lavoratori che da un giorno all’altro si sono trovati a fare i conti con cassa integrazione, licenziamenti. Insomma,
appesantendo quel periodo di incertezza generale che soprattutto incombeva su noi giovani e il nostro futuro. Credo che in quest’epoca di digitalizzazione sfrenata dovuta proprio al post emergenza covid, più di prima un designer debba attenersi a quei valori della grafica che la rendono di pubblica utilità.
Penso a progettisti come Dolcini, Pino Grimaldi (che la terra ti sia lieve) in riferimento alla carta del progetto grafico del 1989. Ora più che mai dovremmo sempre tenere presente quei valori.
Sono sicuro che questo momento storico costituisca anche un importante banco di prova per il mondo dei designer, non solo come progettisti ma anche come persone, dovendo imparare a potenziare l’approccio tecnologico cercando nel contempo di rimanere saldi e/o reinventare sapientemente i valori giuda di questa disciplina.
Leggi la precedente intervista della rubrica “Bella Milano“.