Un po’ surreale la versione de “La Tempesta” di William Shakespeare proposta dal regista Andrea De Rosa ieri sera al Teatro Elfo Puccini (in scena fino al 6 marzo).
Scenografia scarna, rumori assordanti, personaggi resi in una maniera completamente diversa da quello che ci si sarebbe aspettati: è andata in scena insomma più la rappresentazione di un delirio onirico che l’opera del grande drammaturgo.
Da un certo punto di vista la cosa ha avuto il suo fascino: perfettamente riuscito il Calibano, passato dallo status di mostro a quello di ‘matto del villaggio’ e splendidamente interpretato da Rolando Ravello. Per non parlare poi di Prospero, che il grande Umberto Orsini ha trasformato in un personaggio meno regale, ma molto più efficace.
Incredibilmente moderno e a tratti amaro, l’esiliato duca di Milano offre agli spettatori verità e riflessioni profonde, perfettamente trasferibili nella nostra quotidianità.
Specialmente nel lungo monologo finale, quando Prospero svela i trucchi della sua ‘magia’, il teatro. Il disvelamento segna in maniera inequivocabile il momento dell’abbandono definitivo di questa ‘nobile arte’.
Dall’altra parte però il ritmo era un po’ blando, e a tratti l’opera risultava troppo pesante e cupa.
Il che purtroppo secondo me ha penalizzato la resa complessiva.
Una piccola nota di colore: nel corso dello spettacolo alcuni attori parlano in dialetto napoletano. A volte anche molto velocemente, per cui è facile non comprendere le singole parole. Ma mi ha dato molto fastidio sentire diversi spettatori ridere per QUALUNQUE cosa venisse pronunciata con un marcato accento partenopeo, come fossimo a Zelig. Che tristezza…
(foto di Bepi Caroli tratta dal sito dell’Elfo)
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