Un festival che ci ricorda l'importanza della speranza in un mondo frenetico.

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In un’epoca in cui il cinismo sembra regnare sovrano, il Festival della Speranza di Bollate si presenta come una boccata d’aria fresca. Si svolgerà dal 21 al 29 settembre e promette di essere molto più di una semplice manifestazione; è un invito a riflettere sul valore della speranza in un contesto sociale sempre più complesso. Non si tratta solo di eventi, ma di una vera e propria chiamata a unirsi e a coltivare relazioni significative.
Un’iniziativa coraggiosa
Il Festival della Speranza nasce dalla collaborazione tra le comunità parrocchiali e le istituzioni civili, un elemento che merita di essere sottolineato. In un’epoca in cui spesso si tende a dividere, questa iniziativa cerca di abbattere i muri e costruire ponti. Non è una novità, ma è un tentativo lodevole di affrontare il tema della speranza con una visione inclusiva e aperta a tutti. Don Alessandro Chiesa, promotore del festival, ha descritto la speranza come un’“oasi nell’aridità del deserto”, un’immagine potente che ricorda come, anche nei momenti di caos, ci sia sempre spazio per la rinascita.
“Spes non confundit”, recita il motto del Giubileo. La speranza non è un concetto astratto, ma una necessità reale, capace di motivarci e aiutarci a rialzarci nei momenti difficili. Il Festival intende coinvolgere non solo i fedeli, ma ogni cittadino, indipendentemente dalla propria storia personale o dalle proprie credenze. È un richiamo universale a considerare la speranza come un bisogno comune, una risorsa da cui attingere per costruire un futuro migliore.
Eventi che parlano al cuore
Il programma del Festival è ricco e variegato: dalla camminata comunitaria che porterà la fiaccola della speranza per le strade di Bollate, fino a concerti e dialoghi interreligiosi. Martedì 23, il film “Happy Holidays” di Scandar Copti si trasformerà in un’occasione di dialogo tra culture diverse, un modo per affrontare le tensioni che spesso segnano le relazioni tra comunità. Il Festival dimostra di voler andare oltre il semplice intrattenimento, cercando di costruire un dialogo profondo e di aprire spazi di confronto e riflessione.
Mercoledì 24, le storie di cadute e resurrezioni porteranno il pubblico a confrontarsi con la realtà di minori e giovani che affrontano sfide quotidiane. La testimonianza di Elisa Corbella, venerdì 26, darà voce a un’esperienza personale di speranza e resilienza. Questo è forse il punto cruciale del Festival: non si tratta solo di eventi, ma di storie vere, di vite vissute, di esperienze che parlano al cuore.
Un messaggio di speranza per tutti
Il festival si conclude ufficialmente con una Messa presieduta dall’arcivescovo Mario Delpini, ma il messaggio di speranza che porta con sé è destinato a rimanere ben oltre la chiusura dell’evento. Viviamo in un mondo dove la speranza è spesso messa alla prova, e iniziative come questa ci ricordano che non siamo soli. La chiave è costruire reti di solidarietà, collaborare e sostenersi a vicenda per affrontare le difficoltà quotidiane.
In un’epoca in cui l’individualismo sembra prevalere, il Festival della Speranza rappresenta un invito a riflettere su come contribuire a una società più giusta e più umana. La vera sfida sta nel trasformare le belle parole in azioni concrete. La risposta potrebbe trovarsi nel cuore di eventi come questo, dove il potere della comunità e della condivisione si unisce in un abbraccio collettivo.