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San Siro: l’asta tra giunta e opposizione si infiamma

Milano si divide tra la vendita di San Siro e il corteo del Leoncavallo: un autunno caldo è alle porte.

Diciamoci la verità: la situazione attuale attorno allo stadio San Siro e al Leoncavallo è una miscela esplosiva di politica, affari e tensioni sociali. Mentre la giunta milanese si prepara a discutere la cessione dello storico impianto calcistico, in città si mobilitano decine di migliaia di persone pronte a far sentire la propria voce contro l’ennesimo sgombero. Il 6 settembre non sarà solo una data sul calendario, sarà un vero e proprio banco di prova per il futuro della nostra amata Milano.

Il piano di vendita dello stadio: un affare da 197 milioni

Oggi pomeriggio, i membri della giunta si riuniranno con i rappresentanti del Partito Democratico per discutere nei dettagli il piano di vendita dello stadio San Siro. Il prezzo fissato è di 197 milioni di euro, una cifra che sembra ben lontana dalla realtà economica dei milanesi. Eppure, è stata avallata da istituzioni prestigiose come Bocconi e Politecnico. Ma chi ci guadagna davvero da questo affare? La risposta non è così semplice.

Le ricadute economiche e urbanistiche sono un altro aspetto cruciale da non trascurare. Si parla di un masterplan che prevede un’area verde che coprirebbe il 52% della superficie. Ma attenzione: una parte di questo verde sarebbe “pensile”, quindi non fruibile per i cittadini. È un classico esempio di come la narrazione possa distorcere la realtà. Il verde c’è, ma non è accessibile. E allora, ci chiediamo: è davvero una vittoria per la comunità?

Inoltre, il tempo stringe. La giunta ha un obiettivo chiaro: portare la delibera in Aula entro la fine di settembre, prima che scatti il vincolo storico-architettonico sul secondo anello del Meazza. Un vincolo che, se attivato, potrebbe cambiare drasticamente le carte in tavola. Ma questo non è solo un problema di tempistiche; è una questione di trasparenza e legittimità di un processo che sembra già caratterizzato da controversie.

Il corteo del Leoncavallo: una risposta alla repressione

Parallelamente alle discussioni istituzionali, cresce l’ansia tra i cittadini. Il Leoncavallo, simbolo di resistenza e cultura alternativa, si prepara a scendere in piazza con un corteo che promette di radunare circa 50.000 persone. È innegabile che ci sia una connessione tra la vendita dello stadio e la lotta per la conservazione di spazi sociali come il Leoncavallo. Entrambi i fronti rappresentano un conflitto più ampio contro la mercificazione della cultura e della vita urbana.

Il sindaco Beppe Sala ha già comunicato che non parteciperà al corteo, ma la posizione ufficiale del Pd rimane incerta. Alcuni esponenti, come Pierfrancesco Majorino, hanno annunciato la loro presenza, segnalando una frattura all’interno del partito. Questo corteo non è solo una manifestazione contro lo sgombero; è un segnale chiaro che le tensioni sociali a Milano sono ben lontane dall’essere risolte.

Il clima è teso e il dibattito in Consiglio comunale si preannuncia acceso. Già sei consiglieri si sono schierati contro il progetto di vendita, tra cui il dem Alessandro Giungi, il quale ha subito attacchi via chat. Ma i suoi tentativi di resistenza non sembrano sufficienti a fermare la macchina burocratica inarrestabile. La realtà è meno politically correct: le voci contrarie sono sempre più isolate mentre la giunta continua a spingere per il sì.

Conclusioni: un futuro incerto per Milano

Alla luce di tutto ciò, ci troviamo di fronte a un bivio. Milano può scegliere di seguire la strada del profitto immediato o di investire nel proprio patrimonio culturale e sociale. La vendita dello stadio San Siro non è solo una questione economica, ma un indicatore di come la città intende affrontare le sfide future. Il corteo del 6 settembre rappresenta una risposta collettiva a questa evidente frattura.

La domanda che dobbiamo porci è: vogliamo vivere in una città che sacrifica la propria identità per un profitto a breve termine? La protesta potrebbe non fermare la vendita, ma serve a ricordare che la vera forza di una comunità risiede nella sua capacità di unirsi e far sentire la propria voce. Chiediamoci quindi: quale Milano vogliamo costruire?

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