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La settimana che si sta concludendo ha riservato eventi sorprendenti per Christian Filippo Braidich, noto per il suo coinvolgimento nel traffico di droga. Martedì 19 novembre, il quarantaduenne ha deciso di festeggiare il suo compleanno, seppur con due giorni di ritardo, in un ristorante di Mariano Comense, in provincia di Como. Tuttavia, la celebrazione ha preso una piega drammatica quando, durante il pranzo, è stato sorpreso dagli agenti del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, che lo hanno arrestato in manette.
Braidich, considerato un ras delle “case bianche” a Milano, era evaso dal carcere di Bollate, noto per essere un istituto penitenziario modello in Italia. La sua fuga, avvenuta sabato scorso, ha suscitato scalpore, soprattutto considerando che stava scontando una condanna per reati legati alla droga, con una pena che si sarebbe conclusa nel 2032. La sua evasione ha messo in luce le vulnerabilità del sistema carcerario, sollevando interrogativi sulla sicurezza e sulla gestione dei detenuti.
Nonostante il tentativo di festeggiare la libertà, il ritorno in cella per Braidich è stato immediato. Solo due giorni dopo il suo arresto, il 21 novembre, si è trovato di fronte a nuove accuse. Questa volta, oltre alle sostanze stupefacenti, il suo nome è associato a reati legati a armi e munizioni. Insieme a lui, sono coinvolti anche il figlio Kevin Vittorio, di 23 anni, e altri due pregiudicati di 40 e 44 anni.
La situazione si complica ulteriormente, rendendo il futuro di Braidich sempre più incerto.
La fuga di Braidich non è solo un episodio isolato, ma rappresenta un campanello d’allarme per le autorità. La facilità con cui è riuscito a scavalcare la recinzione del carcere di Bollate evidenzia la necessità di rivedere le misure di sicurezza all’interno delle strutture penitenziarie. Inoltre, il suo caso solleva interrogativi sul trattamento dei detenuti e sulle opportunità di riabilitazione, soprattutto per coloro che sono coinvolti in attività criminali gravi.