“Negri, pronto? Vorrei parlare con Negri.”
“Sono io, come posso aiutarla?”
“Conosceva mio fratello?” La voce femminile proveniva dal telefono fisso.
Era una sera, ormai avanzata nella notte, alla redazione del Giorno, molto tempo fa.
“Il tassista di cui ha scritto l’altro giorno, sembrava proprio mio fratello.” Le parole contano, anche se non fanno notizia, ma si trasformano in fantasie: avevo raccontato di un tassista a Milano, in una notte che ricordava New York, anche se da noi i tombini non fumano. Questo personaggio, contro ogni logica e buon senso, trovava sempre una scusa per non far pagare la corsa.
Con il primo passeggero, era stata facile: “Ho iniziato da poco questo lavoro, dobbiamo festeggiare. Vuole un passaggio gratuito?” Tuttavia, con il passare del tempo, le scuse diventavano sempre più bizzarre: “Lei è la prima donna albina a salire sul mio taxi… lei il primo monaco tibetano… lei il primo mangiatore di fuoco… lei il primo alieno…”. E così continuava a offrire corse tra le piogge milanesi, mentre il rumore dei tombini si faceva sentire sotto le ruote e le rotaie scricchiolavano.
Il mio tassista immaginario, senza preoccupazioni finanziarie, viveva in una sorta di favola. Ma una sera, una donna pallida, avvolta in un mantello nero, salì nel suo taxi. E lui disse: “È la prima volta che porto con me la Morte. Posso darle un passaggio gratuito?” “No,” rispose la donna, toccandolo delicatamente sulla spalla con una mano scheletrica, “stavolta pago io.” Ora, alla redazione del Giorno, la notte era calata definitivamente.
Provando un senso di colpa per ciò che ho messo su carta, mi rendo conto di come le mie parole possano influenzare, anche involontariamente, le esistenze degli altri. Dall’altra parte della linea, la voce della signora è spesso rotta dalla emozione: “Era una persona tanto generosa… una persona davvero speciale. Ha catturato la sua essenza in modo meraviglioso, senza nemmeno accorgersi di raccontare una storia reale. Pensi un po’: mio fratello è infatti deceduto nel suo taxi, a causa di un malore.
È davvero singolare, vero? Come poteva sapere una cosa del genere?”.