Nel corso del processo, è emersa una “piena prova” che Massimo Galli, infettivologo di rilievo durante la crisi del Covid e già primario dell’ospedale Sacco, ora in pensione, “abbia influenzato (…) il procedimento di selezione per un incarico di professore universitario di seconda fascia”, favorendo il suo allievo Fabio Riva.
Tuttavia, secondo la normativa vigente, né la turbativa d’asta né l’abuso d’ufficio possono essere configurati prima della riforma che ha abolito tali reati.
Questo è quanto riportato nelle motivazioni della sentenza, tramite la quale il Tribunale di Milano ha condannato Galli il 16 luglio scorso a un anno e 4 mesi, con pena sospesa e senza menzione, esclusivamente per falso. È stato invece assolto dall’accusa di turbata libertà degli incanti in compagnia di Riva, con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Il collegio ha spiegato che nel febbraio 2020, poco prima della dichiarazione ufficiale della pandemia, Galli, in qualità di presidente della commissione di selezione, avrebbe “discusso, concordato, predisposto i criteri e infine attribuito punteggi” insieme a Riva, candidato della procedura.
Per quanto riguarda il falso, riscontrato in relazione al verbale della commissione che ha esaminato i candidati e assegnato punteggi con l’orario di chiusura non corretto, i giudici hanno stabilito che tale movimentazione, essendo di “cruciale importanza”, sia stata realizzata esclusivamente da Galli, per poi essere comunicata agli altri membri della commissione in un secondo momento.
Al centro dell’attenzione c’è un procedimento legale in cui il docente ha sostenuto le sue azioni. Il caso riguarda un concorso per una posizione di professore associato in dermatologia, malattie infettive e gastroenterologia, che è stato vinto da Riva. In questa situazione, Massimo Puoti dell’ospedale Niguarda si era trovato svantaggiato; nonostante ciò, dopo la notizia dell’inchiesta da parte della Procura, ha espresso comunque la sua “massima stima” nei confronti di Galli e del suo operato.
Questo riconoscimento è stato confermato anche dal Tribunale, il quale ha però dichiarato: “La figura di Galli merita attenuanti generiche; tuttavia, la sua notorietà è stata utilizzata per ‘sfruttare’ i colleghi in commissione”. Attualmente, sia il Pubblico Ministero che la difesa intendono fare appello contro la sentenza, portando così la questione a un secondo confronto in sede di appello.