Dove si svolge ricerca di alto livello, si plasmano le prospettive future dell’umanità.
Oggi rappresenta un momento significativo per la nostra istituzione accademica, onorata di ricevere una figura di spicco nella storia recente, definito un “eroe” dalla rivista Time. È con queste parole che Enrico Gherlone, rettore dell’Università Vita-Salute San Raffaele, ha introdotto Drew Weissman. Il vincitore del Nobel per la Medicina 2023 è stato accolto nell’ateneo milanese per ricevere la laurea honoris causa in Biotecnologie e Biologia Medica.
Prima della consegna del riconoscimento da parte del prorettore alla Ricerca e alla Terza missione, Gianvito Martino, Weissman ha tenuto una lezione magistrale intitolata “Nucleoside Modified mRNA-LNP Therapeutics”, in cui ha spiegato le tappe cruciali della sua ricerca che ha portato allo sviluppo delle tecnologie utilizzate nella produzione del vaccino anti-Covid-19.
Durante la pandemia, quando era fondamentale rassicurare l’opinione pubblica sulla sicurezza del vaccino, molti sollevavano il dubbio che fosse stato creato in appena dieci mesi, racconta Weissman.
Ha poi sottolineato che si trattava di una preoccupazione infondata, dato che l’RNA messaggero è stato scoperto nel 1961 e le prime somministrazioni, sugli animali e poi sugli esseri umani, risalgono agli anni ’90. Questo lungo percorso di studio, che supera i cinquant’anni, continua ancora oggi, aprendo nuove possibilità terapeutiche per malattie quali HIV, epatite C, malaria, tubercolosi e influenza.
Inoltre, stiamo lavorando sullo sviluppo di vaccini destinati a malattie autoimmuni e al cancro, in particolare su un vaccino oncologico che viene somministrato prima della diagnosi.
Il professor Nobel spiega che la sua missione consiste nell’“educare” il sistema immunitario affinché riconosca dei marcatori genetici legati ai tumori prima che si formino cellule cancerose. Durante il suo intervento, il docente statunitense discute anche le potenzialità offerte dalla tecnologia mRNA per realizzare un sistema sanitario più giusto, con terapie disponibili ovunque, “attraverso le opportunità terapeutiche incluse in un semplice vaccino”.
Una parte di questa visione è già stata realizzata: il Nobel ha collaborato alla creazione di un gruppo di ricercatori in Thailandia che ha istituito un impianto autonomo per la produzione di vaccini, seguendo norme internazionali.
A questo primo progetto sono seguiti altri cinquanta, distribuiti nelle regioni del mondo che necessitano maggiormente, tra cui l’Ucraina e il Sudafrica.