La questione della dispersione scolastica indica un fallimento degli adulti nel trasmettere ai giovani il piacere e la curiosità per la conoscenza, elementi essenziali per una crescita psicoaffettiva sana, relazionale e creativa.
Questo fenomeno, che ha ripercussioni anche sul campo economico e lavorativo, rappresenta una vera e propria sconfitta, specialmente per coloro che dovrebbero fungere da guide responsabilizzate. È preoccupante osservare come i ragazzi non vedano più la scuola, lo studio e le interazioni con i coetanei come opportunità fondamentali per il loro sviluppo.
L’istituzione scolastica, in quanto secondo ambiente educativo, dovrebbe essere un luogo imprescindibile di relazione e autodisciplina, dove il desiderio di apprendere e confrontarsi sia vivo, piuttosto che un’esperienza vissuta con sentimenti di costrizione, caratterizzata da interrogazioni, voti e umiliazioni.
Temi analoghi sono emersi venti anni fa con il fenomeno degli hikikomori, che scelsero il ritiro per fuggire dalla rigidità della scuola giapponese. Oggi, tale problematica si è ampliata ulteriormente, influenzata dalla diffusione del mondo digitale e dalla pandemia di Covid-19, con la didattica a distanza che ha aggravato la situazione.
È fondamentale che l’istruzione assuma un ruolo centrale, rappresentando uno degli investimenti più significativi da parte del governo.
Dovrebbe fungere da collegamento tra le famiglie e il contesto sociale, rimanendo aperta durante l’intera giornata, trasformandosi in un centro culturale versatile che offre mense, biblioteche, palestre, musei e laboratori, supportato da un team medico-sociopsicopedagogico in grado di individuare eventuali segnali di disagio. Tale iniziativa non solo contribuirebbe al benessere mentale, ma anche a prevenire l’abbandono scolastico e a superare l’obsoleto sistema di valutazione basato su voti e bocciature.
In questo modo, l’attenzione dovrebbe spostarsi sull’impegno nella propria formazione, rendendo tale passione il vero valore per studenti e docenti.