Milano – La legale di Alessia Pifferi, la donna di 39 anni che nel luglio 2022 lasciò la sua piccola Diana, di neanche un anno e mezzo, da sola in casa per sei giorni, ha presentato un appello alla Corte d’Assise di Milano per annullare la condanna all’ergastolo emessa il 13 maggio.
La difesa richiede, tra l’altro, una nuova perizia psichiatrica in grado di esaminare il significativo ritardo cognitivo diagnosticato all’imputata, una valutazione che, secondo l’avvocata Alessia Pontenani, non è stata effettuata in primo grado. Si chiede anche di verificare la possibile presenza di un vizio mentale e di un’inabilità a intendere e volere. Il difensore sostiene con fermezza che Alessia Pifferi “non intendeva uccidere la figlia e non era consapevole del pericolo; la aveva già lasciata sola in altre occasioni senza comprendere le conseguenze delle sue azioni”.
Nella richiesta di riesame, oltre a sottolineare la “mancanza di considerazione della documentazione” riguardante il suo stato mentale presentata dalla difesa e allo scenario di una nuova perizia, si mira a contestare la sussistenza del “dolo” e, in subordine, a ottenere delle attenuanti che non furono riconosciute dalla Corte d’Assise. I giudici, tra cui Mannucci Pacini-Santangelo, avevano accolto la richiesta del pubblico ministero Francesco De Tommasi per l’ergastolo, basandosi su una perizia psichiatrica che aveva dichiarato l’imputata capace di intendere e volere.
Hanno inoltre evidenziato un “movente futile ed egoistico”, relativo alla ricerca di un momento di autonomia e di un lungo fine settimana con il compagno, a discapito del fondamentale dovere di prendersi cura della figlia.
La sentenza è stata emessa per omicidio volontario con aggravanti, legate a motivi futili e al legame di parentela, ma la premeditazione è stata esclusa. Secondo la difesa, Pifferi non ha mai inteso causare la morte della figlia, e sottolineano che nel nostro ordinamento giuridico esiste il reato di abbandono di minore, che si applica al caso di Diana.
Il legale e i suoi esperti sostengono che la donna presenta un ritardo mentale con un quoziente intellettivo simile a quello di una bambina di sette anni. Nel frattempo, la Procura di Milano sta per concludere le indagini nei confronti di quattro psicologhe, operanti anche a San Vittore, e dell’avvocato di Pifferi. Queste ultime sono accusate di falsità e favoreggiamento per aver, secondo l’accusa di De Tommasi, assistito l’imputata nel conseguimento della perizia psichiatrica durante il processo, anche attraverso la presunta alterazione di un test destinato a valutare un grave disturbo cognitivo.