Categorie: Cronaca
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8 Ottobre 2024 15:26

I magistrati milanesi De Pasquale e Spadaro sono stati condannati a otto mesi nel caso riguardante Eni Nigeria

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Pubblici ministeri condannati per omissione di prove nel caso Eni Nigeria: otto mesi di reclusione e sospensione condizionale della pena

Caso Eni Nigeria: condanna di otto mesi per i pm De Pasquale e Spadaro

Durante un’udienza al Tribunale di Brescia, i pubblici ministeri di Milano, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, sono stati condannati a otto mesi di reclusione.

I due sono accusati di aver rifiutato atti ufficiali che avrebbero potuto avvantaggiare gli imputati nel controverso processo Eni Shell Nigeria, concluso a Milano con l’assoluzione di tutti i coinvolti.

La condanna e le richieste dei pm milanesi

Il collegio giudicante, guidato da Roberto Spanò, ha deliberato seguendo le richieste presentate dai pm milanesi e dal procuratore Prete. È stata concessa la sospensione condizionale della pena, insieme ad attenuanti generiche.

Inoltre, De Pasquale e Spadaro dovranno anche risarcire le spese legali a Gianfranco Falcioni, ex console onorario d’Italia in Nigeria, anch’egli assolto a Milano.

Le accuse e il caso Eni

Per quanto riguarda le accuse, i due magistrati sono accusati di aver omesso prove determinanti a favore degli imputati nel caso che coinvolge Eni, il quale risale tra gennaio e marzo 2021. Questo procedimento ha avuto origine da presunti pagamenti illeciti di un miliardo di dollari per la concessione del giacimento petrolifero Opl45.

In particolare, De Pasquale e Spadaro devono affrontare sei capi d’accusa per omissione di atti d’ufficio, per non aver trasmesso alle difese di Eni delle prove raccolte dal pm Paolo Storari, nell’ambito dell’inchiesta conosciuta come ‘Falso complotto Eni’. Tale inchiesta si concentra su presunti depistaggi contro i magistrati che stavano accusando l’azienda, un procedimento attualmente in fase di svolgimento.

Questa mattina, l’avvocato dei pubblici ministeri, Massimo Dinoia, ha presentato un documento di difesa al quale né l’accusa né il pm né la parte civile hanno risposto.

Dinoia ha inoltre comunicato l’intenzione di presentare un ricorso.