Si stima che circa 12 milioni di italiani indossino il ruolo di nonni, un fenomeno che, sebbene possa apparire singolare, rappresenta un elemento fondamentale nel sistema di assistenza.
Questo supporto si manifesta in molteplici modalità, includendo, ad esempio, l’ambito oncologico. Il rapporto intitolato “I numeri del cancro 2023” prevede oltre 395mila nuovi casi di tumore in Italia. In passato, il cancro era spesso visto come una malattia legata all’età, ma recenti indagini hanno rivelato una crescente incidenza tra le persone al di sotto dei 55 anni, probabilmente a causa dell’invecchiamento precoce dovuto a stili di vita poco salutari.
Le generazioni X e millennials presentano un rischio superiore di sviluppare 17 diverse forme di tumore rispetto alle generazioni precedenti, aprendo a nuove prospettive mai considerate prima.
Nel settore oncologico, uno dei principali supporti per i pazienti affetti da tumore è rappresentato dai caregiver familiari. Il 13° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici rivela che in ben il 16% dei casi il caregiver è un pensionato. Dati forniti dal Centro Studi di Senior Italia FederAnziani indicano che il 71% dei caregiver è composto da donne.
Non sorprende dunque che il 92,8% delle nonne collabori attivamente con le famiglie dei propri figli, con tre su quattro che si dedicano alla cura dei nipoti. Un’indagine condotta da Ipsos per la Fondazione Ttorian mostra che i nonni italiani sono i più impegnati in Europa: il 44% risulta autonomo, superando abbondantemente la media europea di meno del 30%, e il 55% è in grado di risparmiare per i propri familiari, indipendentemente dal fatto che i figli vivano lontano o che i nipoti siano già adulti.
Il paradosso si manifesta nei nonni, i quali, assumendo il pesante ruolo di caregiver, finiscono per costituire, loro malgrado, una forma di welfare alternativa.