Milano – Dalla violazione dell’immagine della città alla ferita morale, aggiungendo i costi extra accumulati attraverso ispezioni, controlli tecnici e verifiche.
E poi, la riaffermazione, se fosse ancora necessario, dell’impegno nella lotta alla malavita organizzata, “a difesa della legalità e per assicurare lo sviluppo economico-sociale ordinato e la convivenza pacifica della comunità locale”. Queste sono le ragioni che hanno motivato il Comune a costituirsi parte civile nel processo che nasce dall’indagine della Dda, che ha messo in luce le infiltrazioni di individui legati al clan Piromalli nel mercato comunale di Piazzale Lagosta.
Sono 13 gli imputati, con accuse che spaziano dalla associazione a delinquere di tipo mafioso alle estorsioni, dalla intestazione fittizia di beni al traffico illegale di rifiuti: l’udienza è prevista per il 16 ottobre. L’indagine del Gico della Finanza e della polizia locale, coordinata dalla pm dell’Antimafia Silvia Bonardi, è terminata il 15 aprile con 14 arresti: tra gli arrestati, tra gli altri, il pluripregiudicato Salvatore Giacobbe, Girolamo “Momo” Piromalli dell’omonima ‘ndrina di Gioia Tauro (nipote di secondo grado del boss “Facciazza”) e il suo luogotenente Agostino Cappellaccio.
Le indagini attingono forza dalle dichiarazioni di Luciano Nocera, collaboratore di giustizia, che attribuisce a Giacobbe la qualifica del “Vangelo” e lo pone a capo della locale di Agrate-Pessano. Queste rivelazioni si combinano con i primi risultati dell’inchiesta delle Fiamme gialle, che documentano gli incessanti incontri tra Giacobbe e Piromalli in un bar nella zona Centrale.
Dopo la liberazione, a 72 anni, una persona ha deciso di stabilirsi in un luogo per rinnovare ciò che era stato interrotto dal carcere.
Quest’uomo, conosciuto come Cappellaccio, prende effettivamente il controllo di Dom Cafè a corso Como nell’estate del 2018. Solo due mesi più tardi, segue un’interdizione del Prefetto, anche se riconducibile alla precedente gestione, sospettata di avere rapporti con i Barbaro-Papalia. Chiamato “Il Ciccione” da coloro che erano obbligati a seguire le sue direttive e rischiare problemi legali e fallimenti per lui (sensa mai essere menzionato nelle quote della società), Cappellaccio non si fermò.
Nel 2020, durante l’epidemia, ha cambiato le sue residenze tra via Parini, via Fiamma e via Galilei per sfruttare le diverse ubicazioni. In data 30 gennaio 2024, si è rivolto ai funzionari Annonaria come la nuova autorità di alcune attività di Mercato Comunale Isola (quattro delle quali sono state sequestrate con urgenza dall’ufficio del procuratore). Alla fine del 2019, il municipio aveva affittato queste posizioni a due società. Il modello rimaneva lo stesso: altre persone inserivano il nome, mentre lui incassava (“246mila euro in sette mesi”, i profitti del pescivendolo) e spendeva nelle numerose visite alle Baleari.
Le registrazioni indicavano altre informazioni, in particolare su Giacobbe: menzionavano la paura intimidatoria, le legature con la terra natale, i rapporti con il figlio del mafioso Paolo Raviola (molto vicino a “Sandokan” Schiavone) e gli ingiustificabili obiettivi di profitto dal traffico illegale di rifiuti inferti da Giovanni Caridi.