Nel corso di tre anni, una donna di Milano ha subito cinque sospensioni in tre differenti istituti, portandola al licenziamento disciplinare senza preavviso.
Questi eventi hanno causato la sua decadenza per almeno cinque anni da posti di lavoro pubblici e la sua eliminazione dalle liste provinciali di supplenza dell’Ufficio Scolastico di Milano. La docente, che è stata forzata a restare a casa, ha portato il proprio caso al giudice del lavoro, chiedendo l’annullamento delle decisioni prese: l’udienza è fissata per il prossimo mese. Paola (un nome fittizio) ha iniziato la sua carriera nel 2016, dopo aver conseguito la laurea in Scienze motorie, e tutto è andato bene fino al 2020, senza alcuna lamentela o polemica sulla sua diligenza didattica o comportamento lavorativo.
Tuttavia, nel corso dell’anno scolastico 2020-21, durante la pandemia, Paola ha incontrato dei problemi dopo aver firmato un contratto a termine per un liceo scientifico della periferia ovest. La drama è iniziata a dicembre, con due accuse separate: lezioni online incomplete, errori nella firma del registro e comportamento scorretto nei confronti dei colleghi. Questo ha portato a due sospensioni, di 5 e 10 giorni, tra la fine 2020 e l’inizio 2021.
A causa di un preesistente disturbo endocrino, una donna di trent’anni ha sviluppato una condizione depressiva grave, mesi prima. Le crisi che ne risultano – attacchi di panico e periodi di ansia intensa – scatenano “instabilità emotiva, associata a facilità di irritazione e scarsa capacità di tollerare frustrazioni”. Anche se segue un regime regolare di psicofarmaci, non fa mai riferimento alla sua condizione per giustificare il suo comportamento, o per richiedere assenze per motivi di salute.
Nemmeno nei successivi anni, prima di essere assegnata a una scuola periferica e poi a un istituto del centro città. “Si vergognava di essere etichettata – spiega Salerno – e si rifiutava di utilizzare questo argomento a sua difesa”. La sua situazione, tuttavia, non migliora. Nel 2022, viene sospesa per un mese per “valutazione omessa, assenza ingiustificata, mancato utilizzo della mascherina e mancata dispensa di alcuni studenti dalle prove fisiche”. L’incarico in un terzo istituto nel 2023 non migliora le cose.
Al contrario, viene prima sospesa per due mesi per “comportamento offensivo e inadeguato, condotte aggressive e ingiuriose”, poi per altri tre mesi per contestazioni legate alla “stessa categoria generale di comportamento aggressivo, ingiurioso e dannoso per la fiducia”. Il 3 giugno 2024, viene licenziata, e sedici giorni dopo viene esclusa dai rankings. Da qui la causa in tribunale.
Anche se la docente non ha mai formalizzato le sue condizioni mediche a scuola nell’epoca (allegando alla richiesta certificati medici e schede informative dei farmaci assunti), sottolineando che ora, grazie a un nuovo trattamento terapeutico, “pur con l’ausilio di farmaci, è completamente stabile”, l’avvocato ha dichiarato nel ricorso che le sanzioni erano “eccessivamente severe” e punitive.
L’aziega, nel caso di una donna “che ha attraversato un periodo difficile” e che a poco oltre 30 anni rischia di essere esclusa dal mondo del lavoro. L’avvocato ha sottolineato l’esperienza positiva acquisita da Paola tra il 2016 e l’inizio del 2020 e ha negato che i comportamenti successivi adottati dall’insegnante – “indicando l’assenza totale di intenzione di causare danno” – possano essere classificati come intenzionali o negligenti.
Ora la decisione è nelle mani del giudice.