L’uso di smartphone e dei social media dovrebbe essere limitato ai giovani al di sotto dei 16 e 14 anni rispettivamente: questa è la richiesta di una petizione creata da Daniele Novara, pedagogista e direttore del Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti di Milano, e Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta.
Questa iniziativa ha già guadagnato oltre 47.300 sostenitori ed è in procinto di essere discussa al Senato la prossima mercoledì, con vari parlamentari pronti a partecipare al dibattito.
Novara sottolinea come l’engagement delle istituzioni è cruciale per avviare un piano mirato a garantire un sano sviluppo ai giovani, valorizzando le loro inclinazioni, desideri e aptitudini. La richiesta che viene avanzata al Governo è quella di porre un limite d’età all’uso tecnologico: nessun ragazzo dovrebbe possedere uno smartphone prima dei 14 anni o aprire un account sui social media prima dei 16 anni.
Questa iniziativa ha guadagnato il sostegno di molte figure significative nei campi della cultura, dello spettacolo e dell’educazione, tra cui psicologi, pedagogisti, filosofi, medici, l’Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo, e vari personaggi dello spettacolo come l’attore Stefano Accorsi, l’attrice e regista Sonia Bergamasco, e le celebrità Paola Cortellesi, Pierfrancesco Favino, Valeria Golino, Edoardo Leo, Alba Rohrwacher e Luca Zingaretti. Infine, la petizione evidenzia come l’utilizzo precoce delle tecnologie può avere ripercussioni negative sulla salute mentale dei giovani.
La prova è chiara: nelle istituzioni educative che proibiscono l’uso dello smartphone, gli studenti interagiscono e apprendono più efficacemente. Prima dei 14-15 anni, il cervello emotivo dei giovani è particolarmente sensibile alla stimolazione dopaminergica offerta dai social media e dai videogiochi. Il testo di una petizione mette in chiaro che questa non è una vecchia posizione anti-tecnologica, ma piuttosto l’accettazione di quello che le neuroscienze hanno dimostrato: esistono regioni del cervello cruciali per l’apprendimento cognitivo che non possono svilupparsi adeguatamente se l’adolescente immerge troppo nell’ambito digitale le esperienze e le attività che dovrebbero vivere nel mondo reale.
All’appello si uniscono pure gli studiosi di Scienze visive. A Milano, un nuovo controllo della popolazione studentesca è in atto, nonché il progetto “Ci vediamo a scuola”. Due su tre studenti milanesi hanno difetti visivi, frequentemente non corretti, che possono avere una ripercussione negativa sull’acquisizione del sapere, afferma Idor de Simone, studioso di Scienze visive ed optometrista specializzato, che guida il programma promosso dagli Istituti clinici Maugeri insieme all’Ufficio scolastico territoriale di Milano.
Al di sopra di questo problema c’è un altro: l’uso eccessivo di smartphone e schermi, come confermato anche da studi neuroscienziati internazionali. Le nuove generazioni usano in media quattro dispositivi digitali diversi, spesso contemporaneamente, per un periodo che supera le otto ore al giorno negli adulti e arriva a 14 ore al giorno tra i 16 e i 24 anni.
Dopo i risultati su 3.074 studenti delle scuole elementari e medie, è stato redatto un nuovo accordo per estendere lo screening gratuito aumentando il campione e le classi impegnate nella Rete delle scuole che promuovono la salute (oggi 165).
L’idea è di sottoporre rapidamente i risultati al Ministero dell’Educazione e del Merito per iniziative su ampia scala che includano anche gli insegnanti.