Milano – “Ci troviamo in un periodo di transizione: è giunto il tempo di metabolizzare l’ottimismo tecnologico indiscriminato, iniziando a verificare veramente quali aspetti sono idonei per i vari stadi di crescita e scartando o limitando ciò che non risulta proficuo a certe fasi di vita”.
Afferma Marco Gui, docente di Sociologia presso l’Università di Milano-Bicocca e responsabile del centro di studio “Benessere Digitale”.
Nella metropoli lombarda sono stati introdotti i primi “Accordi digitali”. Come procediamo?
“Gli accordi digitali sono oltre un centinaio su tutto il territorio nazionale: si tratta di iniziative partite dal basso, con genitori, istituti, gruppi non ufficiali e associazioni che stabiliscono il proprio accordo sulla corretta età per possedere uno smartphone e le modalità di impiego.
Attualmente stiamo vivendo una fase di cambiamento: siamo pronti per le “Proposte di Milano per il benessere e la sicurezza digitale dei bambini e dei ragazzi in età da scuola media“. Abbiamo raggiunto un consenso istituzionale, supportato dal Comune, dall’Università Bicocca, da Ats Milano, dall’organo scolastico regionale, dal Corecom, dai pediatri del Sicupp Lombardia e dall’ente “Aspettando lo smartphone“”.
Milano sta dando un esempio?
“Non penso che ci siano paragoni in altre parte d’Italia.
Avremo a disposizione un mezzo che verrà svelato il 10 ottobre durante la Settimana Digitale, con istruzioni sull’età appropriata per l’uso dello smartphone, sui compiti domestici, sull’accesso ai social network, sulla formazione dei genitori e il controllo parentale. Questi sono temi emersi in seguito a focus group, interviste a oltre settemila insegnanti, genitori e studenti e dibattiti pubblici in cui si è indagata la dimensione socio-psicologica, medica e giuridica con esperti partecipanti al tavolo tecnico.
Un iter reale grazie al progetto Musa”.
Dalle interviste condotte alle famiglie milanesi è risultato un grande divario tra l’approccio comune e quello che i genitori ritengono corretto. Frequentemente, i genitori decidono di anticipare l’età in cui i figli possono utilizzare uno smartphone per seguire la tendenza generale. Tuttavia, è stata espressa una forte richiesta di definire una posizione ufficiale: famiglie e scuole sono d’accordo sulla necessità di stabilire linee guida condivise.
Questo perché il tema sta diventando nuovamente un punto di dibattito. A Milano, abbiamo riscontrato un compromesso positivo tra individui che inizialmente avevano opinioni diverse. Le raccomandazioni non sono regole da implementare immediatamente, ma suggerimenti per indicare la direzione da seguire per costruire un ambiente sicuro e significativo per l’esperienza digitale.
Sul punto degli smartphone a scuola, l’opinione pubblica si sta orientando verso una maggiore prudenza. Ci sono diverse pubblicazioni scientifiche sull’argomento, petizioni come quella di Novara e Pellai, la circolare Valditara e diverse proposte legislative.
La politica sta cercando di rispondere a una questione importante. Allo stesso tempo, secondo me, è difficile trovare nuove soluzioni dopo due decenni di ottimismo tecnologico indiscriminato, soprattutto nel campo della politica scolastica. La vera sfida sarà trovare un equilibrio tra limitazione e educazione digitale, adeguato alle diverse fasi di crescita dei bambini.