Categorie: Cronaca
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22 Settembre 2024 05:24

La sentenza di 24 anni di prigione per l’assassino di Sofia Castelli ha suscitato l’indignazione dei suoi familiari. “Sembra quasi che Sofia stia morendo di nuovo. La legalità apparentemente privilegia l’assassino di genere”, hanno affermato

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Milano, 22 settembre 2024 – “Sofia non ha ricevuto il giusto tributo.

Sento rabbia, shock e sempre più rassegnazione”. Aurora Fiameni è la migliore amica di Sofia Castelli. Durante la notte del terribile evento, lei stava dormendo nella camera vicina, quando la giovane studentessa fu brutalmente assassinata con otto pugnalate dal suo ex fidanzato: “È una sofferenza che non si allevia mai. Anzi, è ancora più intensa dopo questo ultimo colpo di scena legale”. Questo rappresenta un pesante fardello per l’intera famiglia della vittima e per tutti quelli che l’amavano: “Per i genitori, è come se Sofia fosse morta nuovamente, ancora una volta”.

Dopo essere stata prima brutalizzata dall’ex, è stata poi tradita dal sistema giudiziario. La sentenza di condanna è irrevocabile: 24 anni di carcere per Zakaria Atqaoui, un italiano di origine marocchina di 23 anni, che si nascose nell’armadio di Sofia a Cologno Monzese, e la uccise mentre dormiva il 29 luglio 2023. Sofia aveva solo 20 anni. La Procura di Monza, che aveva richiesto l’ergastolo (come anche i parenti della vittima), non può fare appello perché tutte le circostanze aggravanti sono state considerate dai giudici e tecnicamente non si può intervenire nemmeno sulle circostanze attenuanti.

Gli avvocati che rappresentano la vittima non possono presentare autonomamente un ricorso d’appello, e meno che mai ci pensa l’avvocato difensore di Atqaoui. In sostanza, l’avvocato dell’assassino ha deciso di accettare la sentenza (“il minimo possibile”) per il suo cliente, accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, motivi frivoli e l’uso di un mezzo subdolo (aver si nascosto nella casa della vittima per attaccarla nel sonno).

La Corte di Assise ha preso in considerazione l’atteggiamento cooperativo, la giovane età e il fatto che il colpevole non avesse precedenti penali, e per questo ha ritenuto che il ragazzo merita delle attenuanti nonostante abbia ucciso Sofia Castelli con piena consapevolezza e intenzione. Alexandra Zurria, la zia di Sofia, che non riesce a trattenere la sua indignazione sui social network, dichiara che sotto la legge italiana siamo di fronte a un “assassino ideale”, premiato con una pena massima di 24 anni di prigione, che potrebbe ridursi a 18 o 19 anni se continua a collaborare.

Il messaggio di Zurria è pesante e sconsolato: la premeditazione e altre due aggravanti sono state confermate dai magistrati, ma non sono state sufficienti. Inoltre, il colpevole si è costituito immediatamente, ha ammesso tutto e per questo ha dimostrato un “comportamento collaborativo”. Ma le attenuanti, che cambiano di caso in caso e spesso sono creative, come l’attenuante Covid nel caso dell’omicidio di Lorena Quaranta, non cambiano il motivo principale del cosiddetto femminicidio: mancanza di possesso e controllo sulla vittima.

Un epitaffio accompagna un video della nipote Sofia, pubblicato online dalla zia Alexandra, e recita: “Non è stata fatta giustizia per Sofia. Oggi Sofia è morta di nuovo”. La dedica è “per sempre” e il video mostra immagini di Sofia dalla sua infanzia. Infine, Aurora, l’amica di Sofia, dichiara di essere rassegnata.

Cosa posso fare, in questo momento? Se chi commette un omicidio riceve una sentenza di 24 anni d’inamovibile prigione, quale può essere la mia speranza? La mia sofferenza non avrà mai fine.

Tutto ciò che mi rimane è cercare di proseguire per Sofia, cercando di mantenerla viva in modo diverso, attraverso le mie azioni, perseguendo i sogni che condividevamo. Avevamo entrambe in programma di iscriverci in Scienze Umane, ma le è stata negata questa opportunità. Le è stato strappato il futuro, le è stata sottratta la vita.

Oggi, Aurora è una volontaria e attivista in prima linea nella lotta contro la violenza verso le donne, membro dell’associazione “Scarpetta rossa”.

Informa gli studenti nelle scuole, tentando di far comprendere che il rispetto deve essere alla base di ogni rapporto. Continueremo ad organizzare eventi, continueremo a lottare. Perché ora, Sofia può esprimersi solo tramite noi.