Categorie: Cronaca
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21 Settembre 2024 06:39

Youssef è deceduto nel bagno della sua cella a causa del fuoco

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La Procura di Milano indaga sulla morte del giovane tunisino di 18 anni, Youssef Mokhtar Loka Barsom, avvenuta il 6 settembre in una cella del carcere San Vittore.

Loka Barsom era detenuto in attesa di giudizio per una rapina sin dal luglio dello scorso anno. L’ipotesi di lavoro suggerisce che il ragazzo possa essere morto nel bagno della sua cella, dove sembra abbia provocato un incendio bruciando un materasso. Il letto della cella, spostato probabilmente con l’aiuto dell’altro detenuto, potrebbe aver bloccato l’uscita, intrappolandolo all’interno. L’incendio potrebbe essere stata una forma di protesta.

I risultati dell’autopsia confermano che l’adolescente è deceduto a causa dell’inalazione del fumo generato dall’incendio. Nell’ambito dell’inchiesta della Polizia penitenziaria, guidata dal pm Carlo Scalas sotto la supervisione di Marcello Viola, si sta valutando se il letto sia stato messo nel bagno con l’intenzione di appiccare l’incendio, magari usando un accendino e, anche se non è ancora confermato, una sostanza incendiaria. Il coinquilino di cella, che avrebbe potuto aiutare nel trasporto del letto, è ora indagato per omicidio colposo.

Da notare che il ragazzo, anche quando era minorenne, era stato accusato di altri due furti, ma era stato assolto a causa di un completo disturbo mentale.

Il ragazzo, dopo essere stato sottoposto a una perizia psichiatrica, era stato considerato incapace di comprendere e volere, ritenuto rischioso sia per la sua incolumità che per quella degli altri, e quindi non idoneo a essere ristretto in carcere. Pertanto, gli era stata imposta una misura di sicurezza.

Monica Bonessa, l’avvocatessa che lo aveva difeso durante i suoi primi due processi quando era ancora minorenne, aveva illustrato: “A 15 anni era stato rinchiuso in un campo di concentramento in Libia, costantemente esposto alla violenza. Non era in grado di parlare della sua esperienza di arrivo in Italia su una nave, dove era stato legato mani e piedi”. Nonostante le accuse per un’ulteriore ipotetica rapina commessa come adulto, non è stato possibile condurre una perizia psichiatrica per essere certi del suo stato mentale.

Ieri sera, una cerimonia laica aperta al pubblico in onore di Youssef è stata organizzata al Cam nel corso Garibaldi, da parte di gruppi e volontari impegnati nei problemi delle carceri.