Un uomo di 46 anni, Filippo Simone O., è stato preso in custodia dalla polizia martedì mattina, accusato di aver sparato a suo fratello Leonardo il 7 giugno scorso in un cortile di una casa in via Lorenteggio per ottenere vendetta per la loro madre ferita.
La punitiva missione di vendetta era stata pianificata rapidamente, con l’obiettivo di punire e istruire “il vile” su come comportarsi.
Il mattino dell’incidente, tre spari risuonarono nel palazzo al numero 183, due dei quali colpirono l’asfalto ma il terzo ferì Filippo, 32 anni, alla gamba sinistra. I soccorsi furono richiamati da alcuni membri della famiglia, e quando i medici e i poliziotti arrivarono, trovarono sul posto tre fratelli e un cugino.
Gli ispettori della terza sezione della squadra mobile, Alfonso Iadevaia e Domenico Balsamo, dal principale sospettavano che quella presenza non fosse accidentale e pensavano che il motivo dietro quegli spari avrebbe potuto risiedere all’interno della stessa famiglia.
Raccogliendo tutte le informazioni, gli investigatori hanno determinato che la mattina dell’incidente, il ferito – che convive con la sua compagna nello stesso edificio in cui vive sua madre – aveva visitato la madre e l’aveva brutalmente schiaffeggiata, accusandola di interferire con la sua vita privata.
La notizia dell’aggressione si era rapidamente diffusa ai fratelli di lei, che quindi avevano deciso di “confrontarsi” con il 32enne.
Le telecamere di sicurezza della zona hanno ripreso i momenti immediatamente prima degli spari. Le riprese mostrano l’arrivo dei fratelli in scooter e poco dopo del 46enne alla guida di una Panda, che è stata ritrovata poco dopo nel quartiere Inganni. “Tutti i movimenti sono stati rapidi, come se ci fosse una situazione di emergenza”, è l’osservazione degli investigatori.
Il ritrovamento della Panda è stato il primo passo significativo perché, dopo aver ascoltato i testimoni di famiglia – che offrivano storie poco plausibili – i poliziotti hanno esaminato l’auto e hanno effettuato il stub, un test per rilevare eventuali tracce di polvere da sparo. Il test è risultato positivo: sul volante e sulla leva del cambio, c’era la prova che l’autista aveva anche sparato.
Attraverso l’utilizzo delle celle telefoniche, le intercettazioni e le recenti audizioni dei testimoni, gli investigatori hanno potuto incriminare il fratello maggiore della vittima.
Quest’ultimo aveva sparato per vendicare l’assalto subito dalla sua madre da parte della vittima. Giulio Fanales, il giudice incaricato delle indagini preliminari, ha ordinato il suo arresto domiciliare con un braccialetto elettronico. Ha sottolineato come gli spari non siano stati il risultato di un “litigio accidentale”, bensì di “una pianificata missione di vendetta”.